Mai che si
possa stare un giorno tranquilli. Al terzo tentativo, l’Eurogruppo, a notte
fonda, trova l’accordo sugli aiuti alla Grecia e la riduzione del debito. Le
Borse fanno festa dall’Asia all’Europa, lo spread scende sotto quota 330, i
ministri se ne vanno da Bruxelles soddisfatti. Tutto bene? Macché. Proprio oggi
l’Ocse rivede al ribasso le stime dell’Italia: nel 2013, Pil -1% -hai capito?,
l’uscita dal tunnel-, ancora su la disoccupazione, ancora giù i consumi. E
potrebbe servire una nuova manovra (ma il responsabile dell’economia Grilli lo
nega).
Se quella
greca è una minestra riscaldata, il piatto italiano oggi è servito freddo (e
indigesto). Anzi, BankItalia ci aggiunge il contorno del calo del 2,5% del reddito
delle famiglie quest’anno, che va a sommarsi al 5% già perso nel 2008/2011.
Insomma, tocca a Roma piangere, senza che Atene possa proprio ridere: farmacie
chiuse per il secondo giorno consecutivo, medicinali che scarseggiano, crisi
che morde.
L’intesa raggiunta
dall'Eurogruppo con il Fondo monetario internazionale per lo sblocco degli
aiuti in sospeso e la riduzione del debito è ancora condizionale e non regala
nulla ad Atene. L’accordo prevede che la Grecia,
che secondo il piano di risanamento originario doveva riportare il rapporto debito / Pil al
120% entro il 2020, scenda al 124% (dall’attuale 190%), con l’impegno di
arrivare poi al 110% nel 2022; e che il rapporto deficit/Pil scenda al 3%
entro il 2016 –e non più entro il 2014-. Due misure che comportano costi extra
rispetto ai calcoli finora fatti: circa 32 miliardi di euro tra il 2014 e il
2016.
Sulle
modalità perché ciò avvenga si discute ancora. Comunque, "si sono ora
tutte le condizioni" per versare alla Grecia i 43,7 miliardi di euro di aiuti che
aspetta, anche se la decisione formale verrà presa il 13 dicembre, dopo che i
parlamenti nazionali che devono farlo, tra cui quello tedesco, si saranno
pronunciati e dopo che sarà stata valutata l’operazione di 'buyback' che Atene
dovrebbe avviare: lo si legge nelle conclusioni dell'Eurogruppo.
Il mix di
misure alla base dell’intesa con l’Fmi prevede "sforzi da parte di
tutti", ovvero Ue, Grecia e Fmi, ha detto il presidente dell'Eurogruppo
Jean Claude Juncker al termine della riunione durata oltre
12 ore: taglio degli interessi sui prestiti bilaterali, riduzione del costo
delle garanzie che Atene paga al fondo salva-stati Efsf, una moratoria di 10
anni sui tassi dei prestiti concessi dal fondo salva-Stati Efsf, un'estensione
di 15 anni delle scadenze dei prestiti e uno slittamento di 10 anni sui
pagamenti degli interessi. Inoltre, gli Stati rinunciano ai loro profitti sui
bond greci: li verseranno direttamente ad Atene su un conto bloccato. Di dare
una sforbiciata al debito s’è parlato, ma Berlino non ci sta.
Il governatore della Banca centrale europea Mario Draghi legge il
pacchetto in positivo: “L’intesa rafforza la fiducia in Atene e nell’euro”,
dice. E Christine Lagarde, direttore generale del Fondo monetario
internazionale, plaude alle conclusioni dell’Eurogruppo. Dopo i brucianti flop dei due Eurogruppo precedenti, era ormai chiaro che
il negoziato non si svolgeva più tra Grecia e troika delle istituzioni
finanziarie internazionali (Ue, Bce, Fmi), ma è piuttosto tra Eurozona ed Fmi.
Per una volta, a Bruxelles non è finita in pareggio. Anche se capire chi ha
vinto, tra Grecia, Ue, Bce ed Fmi non è proprio facile.
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