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mercoledì 21 novembre 2012

MO/Asia: Obama lo strabico meglio di Ford, cammina e mastica

Scritto per l'Indro il 20/11/2012

Di Gerald Ford, 38.o presidente degli Stati Uniti, i detrattori sostenevano che non sapeva scendere la scaletta di un aereo e masticare una gomma allo stesso tempo. Ben Rhodes, vice-consigliere per la sicurezza nazionale della casa Bianca, assicura che questa Amministrazione e questo presidente, Barack Obama, sanno “camminare e masticare una gomma allo stesso tempo”: fuori di metafora, vuole dire che sanno compiere una missione in Asia senza fare gaffe, e neppure mancare di rispetto a interlocutori importanti come cinesi e giapponesi, e nel contempo seguire da vicino l’evolvere della crisi in Medio Oriente.

Come ieri, anche oggi, infatti, l’Estremo Oriente e il Medio Oriente sono stati luoghi coincidenti, per la diplomazia americana. Il presidente Obama conclude la sua missione in quella che un tempo era l’Indocina ringraziando il presidente egiziano Mohamed Morsi degli sforzi fatti per raffreddare la tensione tra israeliani e palestinesi. Obama e Morsi si parlano al telefono tre volte in 24 ore, l’ultima mentre l’AirForceOne con lo staff della Casa Bianca vola dalla Cambogia al Giappone.

La telefonata di Obama quasi coincide con l’annuncio, un po’ ottimista, di Morsi di uno stop ai raid aerei israeliani sulla striscia di Gaza iniziati una settimana fa e dell’accantonamento, per ora, dell’opzione di un intervento delle truppe di terra. Ma, in realtà le ostilità non sono cessate, con tiri di razzi intensi sul territorio israeliano, pure a sud di Gerusalemme, e incursioni aeree letali a Gaza. Dall’inizio delle operazioni, i palestinesi uccisi sarebbero 121 e quelli feriti quasi un migliaio, mentre gli israeliani uccisi sono tre.

L’intreccio di contatti diplomatici resta fittissimo. Il segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon ha incontri a Gerusalemme, mentre una delegazione della Lega araba è nella striscia. Ed è in arrivo il segretario di Stato americano Hillary Clinton, che vedrà il premier israeliano Benjamin Netanyahu e il presidente palestinese Abu Abbas (la cui voce in capitolo è modesta).

Le preoccupazioni mediorientali accompagnano la missione asiatica del presidente Obama, che è stato in Thailandia, in Birmania, in Cambogia. Qui s’è svolto il vertice dell’Apec, l’Associazione che riunisce i paesi dell’Asia e del Pacifico, e qui ha incontrato il premier cinese Wen Jiabao. Obana ha detto che Stati Uniti e Cina “hanno una responsabilità speciale” : devono cioè garantire insieme una crescita duratura e stabilire delle “regole chiare”. La frase si riferiva ai contenziosi – scambi, cambi, proprietà intellettuale- tra Washington e Pechino.

Quello di Phnom Penh è stato il primo incontro fra leader americani e cinesi dopo le presidenziali del 6 novembre negli Stati Uniti e il congresso del Partito comunista cinese, che ha rinnovato tutta la dirigenza. Obama è stato poi ‘tirato per la giacca’ dal premier giapponese Yoshihiko Noda, che l’ha messo in guardia contro i sussulti di tensioni in Estremo Oriente e specialmente tra Cina e Giappone: “L’alleanza Usa-Giappone è sempre più importante, tenuto conto del deterioramento delle condizioni di sicurezza nell’Asia orientale”, ha detto Noda, rilevando che la politica americana mette l’accento sull’Asia e sul Pacifico.

Tutta la missione è stata però segnata, come abbiamo detto, da un certo strabismo dell’Amministrazione statunitense, che guardava negli occhi gli interlocutori asiatici, ma seguiva con apprensione quanto accadeva in Medio Oriente. E l’Europa, in tutto ciò? Chiusi nei palazzi dell’Unione, a Bruxelles, i ministri delle finanze dell’Eurogruppo cercano un accordo per evitare alla Grecia la bancarotta e per spianare la strada al Vertice del 22 e 23 sulle prospettive finanziarie dell’Ue a medio termine. Insomma, l’Europa si guarda l’ombelico (e non è neppure detto che riesca a vederselo).

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