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venerdì 2 novembre 2012

Usa 2012: i dati sull'occupazione non decidono il match

Scritto per L'Indro lo 02/11/2012

Escono, attesissimi, i dati sulla disoccupazione ad ottobre negli Stati Uniti: sono un colpo al cerchio e uno alla botte, non decidono in anticipo la corsa alla Casa Bianca tra il presidente Barack Obama, democratico, e lo sfidante Mitt Romney, repubblicano. L'economia americana ha creato nel mese 171.000 posti di lavoro, più del previsto –vantaggio a Obama-, ma il tasso di disoccupazione è ugualmente salito dal 7,8 al 7,9% -vantaggio a Romney-, a causa dell'afflusso sul mercato di gente alla ricerca d’un impiego.

Gli analisti prevedevano ‘solo’ 125.000 nuovi posti: ce ne sono stati quasi il 50% in più della stima. E, inoltre, i dati di settembre sono stati rivisti al rialzo: 148.000 i posti creati, più dei 114.000 precedentemente calcolati. Il settore privato ha ‘prodotto’ in ottobre 184.000 posti di lavoro, la cifra più elevata da febbraio.

Da luglio, l'economia americana ha creato in media 173.000 posti di lavoro al mese, più del doppio rispetto alla media di 67.000 posti al mese nel secondo trimestre 2012. Sono 25 mesi consecutivi, oltre due anni, che l’occupazione aumenta mese dopo mese. Dopo che il tasso di disoccupazione era stato superiore all’8% per 43 mesi consecutivi, tre anni e mezzo abbondanti, il periodo più lungo da quando, nel 1948, i dati vengono raccolti e classificati, in estate è finalmente sceso sotto la soglia. Quando Obama divenne presidente, il 20 gennaio 2009, il tasso di disoccupazione era il 7,8%, oggi è tornata su quei livelli. Però, resta il fatto che nessun presidente americano è mai stato rieletto con un tasso di disoccupazione così elevato.

Opposti, ovviamente, i commenti ai dati dei due rivali. Obama nota “reali progressi” dell’economia e definisce Romney “solo un venditore di talento”. Il repubblicano sostiene, invece, che l’economia è a un punto morto e che il presidente conduce l’Unione verso una nuova recessione. Obama gioca sulla messa bugia di Romney sull’industria automobilistica, che gli è valso risposte piccate di GM e Chrysler: il presidente deplora che l’avversario abbia allarmato i colletti blu dell’Ohio per un pugno di voti e ‘arruola’ in uno spot l’ad di Chrysler Sergio Marchionne. Ma, nonostante le frizioni sull’auto, l’industria americana è con Romney: a lui sono andate il 60% delle donazioni delle imprese.

Nella giornata dei dati sull’occupazione, i sondaggi non creano sussulti e non danno certezze. Obama riceve conforti dall’estero, che, però, in vista del 6 Novembre, contano il 2 di picche: l’Europa è massicciamente dalla sua parte, l’Italia pure (anche se al di sotto della media europea); e i palestinesi lo preferiscono a Romney. Che, del resto, non appare molto preoccupato di tenersi buoni i partner internazionali: accusa la Cina di manipolare i tassi di cambio; se la prende con la Russia; e va ripetendo che le politiche di Obama precipiteranno l’America in una crisi come quella che in Europa c’è in Grecia –aveva detto il 22 ottobre- e anche in Italia e Spagna –ha aggiunto giovedì, parlando in Virginia-. ...

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