Escono, attesissimi, i dati sulla disoccupazione ad ottobre
negli Stati Uniti: sono un colpo al cerchio e uno alla botte, non decidono in
anticipo la corsa alla Casa Bianca tra il presidente Barack Obama, democratico,
e lo sfidante Mitt Romney, repubblicano. L'economia americana ha creato nel
mese 171.000 posti di lavoro, più del previsto –vantaggio a Obama-, ma il tasso
di disoccupazione è ugualmente salito dal 7,8 al 7,9% -vantaggio a Romney-, a
causa dell'afflusso sul mercato di gente alla ricerca d’un impiego.
Gli analisti prevedevano ‘solo’ 125.000 nuovi posti: ce ne
sono stati quasi il 50% in più della stima. E, inoltre, i dati di settembre
sono stati rivisti al rialzo: 148.000 i posti creati, più dei 114.000
precedentemente calcolati. Il settore privato ha ‘prodotto’ in ottobre 184.000
posti di lavoro, la cifra più elevata da febbraio.
Da luglio, l'economia americana ha creato in media 173.000
posti di lavoro al mese, più del doppio rispetto alla media di 67.000 posti al
mese nel secondo trimestre 2012. Sono 25 mesi consecutivi, oltre due anni, che
l’occupazione aumenta mese dopo mese. Dopo che il tasso di disoccupazione era
stato superiore all’8% per 43 mesi consecutivi, tre anni e mezzo abbondanti, il
periodo più lungo da quando, nel 1948, i dati vengono raccolti e classificati,
in estate è finalmente sceso sotto la soglia. Quando Obama divenne presidente,
il 20 gennaio 2009, il tasso di disoccupazione era il 7,8%, oggi è tornata su
quei livelli. Però, resta il fatto che nessun presidente americano è mai stato
rieletto con un tasso di disoccupazione così elevato.
Opposti, ovviamente, i commenti ai dati dei due rivali.
Obama nota “reali progressi” dell’economia e definisce Romney “solo un
venditore di talento”. Il repubblicano sostiene, invece, che l’economia è a un
punto morto e che il presidente conduce
l’Unione verso una nuova recessione. Obama gioca sulla messa bugia di Romney
sull’industria automobilistica, che gli è valso risposte piccate di GM e
Chrysler: il presidente deplora che l’avversario abbia allarmato i colletti blu
dell’Ohio per un pugno di voti e ‘arruola’ in uno spot l’ad di Chrysler Sergio
Marchionne. Ma, nonostante le frizioni sull’auto, l’industria americana è con
Romney: a lui sono andate il 60% delle donazioni delle imprese.
Nella giornata dei dati sull’occupazione, i sondaggi non
creano sussulti e non danno certezze. Obama riceve conforti dall’estero, che,
però, in vista del 6 Novembre, contano il 2 di picche: l’Europa è
massicciamente dalla sua parte, l’Italia pure (anche se al di sotto della media
europea); e i palestinesi lo preferiscono a Romney. Che, del resto, non appare
molto preoccupato di tenersi buoni i partner internazionali: accusa la Cina di
manipolare i tassi di cambio; se la prende con la Russia; e va ripetendo che le
politiche di Obama precipiteranno l’America in una crisi come quella che in
Europa c’è in Grecia –aveva detto il 22 ottobre- e anche in Italia e Spagna –ha
aggiunto giovedì, parlando in Virginia-. ...
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