Questa volta, ed è la prima volta, neppure gli elettori di
Dixville Notch hanno saputo scegliere: dieci voti, cinque a Obama, cinque a
Romney. Dixville Notch è un villaggio del New Hampshire, arrampicato sugli
Appalacchi, a una trentina di chilometri dal confine con il Canada, dove – è
tradizione - i cittadini elettori si ritrovano al seggio a mezzanotte e un
minuto dell’Election Day e depongono tutti le loro schede, che vengono subito
scrutinate. Mai era finita così, pari e patta. Tanner Tillotson, un marinaio di
24 anni, il primo dei circa 200 milioni di cittadini americani chiamati oggi al
voto a deporre la scheda nell’urna, ne deduce: “Siamo una Nazione molto
divisa”; e fa sapere a tutti di avere scelto, lui, Obama.
Di sicuro, è diviso Dixville Notch, che, dal 1960, coltiva
il suo primato: seggio elettorale in un hotel per gente che se la passa bene,
numero di elettori oscillante – mai pochi come stavolta -, il paesino aveva
sempre attribuito la vittoria al candidato repubblicano, tranne nel 2008,
quando vi aveva vinto Obama. Il voto di mezzanotte si pratica pure in un altro
paesino più a sud, Hart’s Location, dove Obama l’ha spuntata nettamente: 23
voti per lui, 9 per Romney.
Nell’Election Day, si stima che ben oltre cento milioni di
americani vadano ai seggi per eleggere sì il presidente, ma anche per rinnovare
tutta la Camera e un terzo del Senato, per scegliere decine di governatori e
assemblee statali e locali, per pronunciarsi su almeno 170 referendum statali e
locali. Questa volta, i seggi si sono riempiti nonostante il freddo in Virginia
e le tracce del passaggio dell’uragano Sandy nel New Jersey e a New York. A
Dalton, nei pressi di Chicago, nell’Illinois, una giovane di 21 anni, Galicia
Malone, è andata a votare per la prima volta poco prima di partorire il suo
primo bebé, una bambina. E molti, dopo avere deposto la scheda nell’urna,
ripartivano dopo avere apposto sulla loro vettura bene in vista l’adesivo
rotondo, “Io ho votato”.
La scelta tra il presidente uscente, il democratico Barack
Obama, il primo nero alla Casa Bianca, e lo sfidante, il repubblicano Mitt
Romney, il primo mormone in lizza per la Casa Bianca, è serrata, stando ai
sondaggi sui suffragi espressi. Ma negli Stati Uniti i cittadini non eleggono il
presidente direttamente: determinano a quale dei candidati vadano i voti dei
Grandi Elettori del loro Stato. E l’aritmetica dei Grandi Elettori è, nelle
previsioni generali, favorevole a Obama.
La campagna è costata centinaia di milioni di dollari ed è
durata più di un anno: decine di migliaia di chilometri percorsi e di mani
strette, centinaia di discorsi, tre duelli in diretta tv hanno diviso l’America
in due campi. Romney ha votato con la moglie Ann a Belmont, nel Massachusetts; poi
è ripartito per l’ultimo blitz della sua campagna, a Cleveland nell’Ohio e Pittsburgh
in Pennsylvania, due degli Stati in bilico.
Obama, che aveva già votato a Chicago il 25 ottobre –milioni
di americani, in realtà, hanno votato in anticipo-, ha chiuso la sua campagna
lunedì sera nello Iowa, presentato sul podio dalla moglie Michelle. Commosso,
al punto da asciugarsi una lacrima, il presidente ha avuto nell’ultimo discorso
gli accenti messianici del candidato 2008: “Non possiamo abbandonare il
cambiamento ora”. Cambiamento, una parola che era sua e che Romney gli ha
scippato con lo slogan “Real change”. Oggi, Obama, a Chicago, è andato a
trovare i volontari della sua campagna: sorridente, ma stanco, s’è tolto la
giacca e s’è seduto in mezzo a loro.
Obama e Romney sono l’immagine di due Americhe diverse. Il presidente,
51 anni, è un paladino della classe media, ancora colpita dagli effetti della
crisi. Romney, 65 anni, imprenditore milionario, ex governatore del
Massachusetts, punta sui tagli della spesa pubblica e sugli sgravi fiscali (concessi
ai più ricchi).
A decidere chi sarà il presidente 2013-2016 non saranno gli
indecisi di centro –molto pochi-, ma piuttosto elettori degli Stati chiave di
questa campagna, l’Ohio in particolare –nessun repubblicano è mai andato alla Casa
Bianca senza avervi vinto e lì Obama è avanti-, ma anche Virginia, Florida,
Pennsylvania. I risultati cominceranno ad affluire dopo la chiusura dei primi
seggi sulla Costa Est, all’una del mattino: se l’aritmetica dei Grandi Elettori
sarà netta, il vincitore sarà noto prima che chiudano i seggi in California,
all’alba italiana; se la gara sarà serrata, bisognerà invece attendere giorno
fatto. A meno che non si ripeta l’incubo 2000, quando conte e riconte dei voti
in Florida tennero l’esito in bilico per cinque settimane. Schiere di avvocati
dei due campi, in Florida e in Ohio, sono già pronte alla bisogna.
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