A sei mesi dalla sua elezione, il
presidente francese François Hollande affronta una conferenza stampa “a 360
gradi” e scende nella trincea europea: indossa i panni del leader dell’Ue che
vuole uscire dalla crisi e si schiera al fianco della Grecia, che “deve”
ricevere gli aiuti promessi da Eurozona e Fondo monetario internazionale.
Contemporaneamente, Yannis Starnouras, ministro delle finanze greco, incontra
una commissione del Parlamento europeo, a Bruxelles, e denuncia il rischio di
fallimento “molto alto” del suo Paese, vicino ai “limiti di rottura”.
Eppure, solo poche ore prima, proprio
sul ‘caso Grecia’, l’Ue aveva di nuovo ripetuto la manfrina del rinvio. Al
termine di un Eurogruppo protrattosi, come al solito, fino a tarda notte,
Jean-Claude Juncker, il presidente, fa sapere che ci vorrà un nuovo incontro
straordinario il 20 novembre per finalizzare l'accordo sugli aiuti ad Atene.
Un’intesa di massima c’è, ma la Germania vuole prima avere l’avallo del
Bundestag. E Olanda, Finlandia, Austria, la pensano allo stesso modo.
Così, ancora una volta, l’Unione arruffa
il gomitolo dei negoziati economici e finanziari: decisioni che erano già state
tratteggiate al Consiglio europeo di metà ottobre e che parevano ormai
acquisite vanno a intersecarsi con decisioni sull’agenda del prossimo Vertice
del 22 e 23 novembre: da una parte, lo sblocco di aiuti alla Grecia per oltre
31 miliardi di euro e la dilazione di due anni -dal 2014 al 2016- del termine
entro cui Atene deve risanare i conti; dall’altra, gli stanziamenti del
bilancio Ue 2012/’13 e le prospettive finanziarie 2014-2020.
Hollande ha parole di apprezzamento per
la Grecia, dopo che il Parlamento, la notte tra domenica e lunedì, ha varato,
come chiedeva la troika delle istituzioni finanziarie internazionali, Ue, Bce e
Fmi, il bilancio 2013, con ulteriore tagli per 13,5 miliardi di
euro, per ridurre il debito, ora al 180% del pil, usando la leva dell’avanzo primario.
E definisce “buoni” i rapporti con la Germania, negandone un deterioramento
segnalato dai media francesi (“Sono voci che non m’interessano”). Poi insiste
sull’urgenza di “crescita e lavoro”, dice che “se la Francia è debole l’Europa
è impotente” e si dichiara favorevole “a un’Europa a più velocità”.
Parole che non incidono il bubbone
greco. A Eurogruppo concluso, Juncker e Christine Lagarde, direttore dell’Fmi,
hanno un battibecco: "L’obiettivo resta quello di ridurre il debito greco
al 120% del Pil entro il 2020, ma potremmo spostare il termine al 2022",
dice Juncker; ma la Lagarde replica che l'obiettivo rimane il 120% al
2020. Sulla riunione del 20, pesano incognite: come finanziare il tempo in più
che si vuole concedere ad Atene - un costo stimato in oltre 30 miliardi - e
come trovare un'intesa con l'Fmi sulla sostenibilità del debito. Invece, i 17
sono già d'accordo sul concedere due anni supplementari (dal 2014 al 2016) ad
Atene per la riduzione del deficit sotto il 3%.
Starnouras ha le casse quasi vuote.
Atene eviterà il default con un’operazione di rollover sui titoli di Stato a
breve: circa 4 miliardi di euro che si potevano risparmiare decidendo subito.
Quanto ci costa, il parere del Bundestag.
Unica nota positiva dell’ennesima
tormentata giornata europea –borse attive, spread un po’ giù- lo sblocco degli
aiuti alle regioni colpite dal terremoto del marzo scorso: con il no
di Gran Bretagna, Svezia e Finlandia, il Consiglio dell’Ue approva uno
stanziamento di 670 milioni di euro proposto. Inoltre, Liguria e Toscana,
di nuovo alle prese col maltempo in questi giorni, riceveranno 18 milioni di
euro per le alluvioni dell'ottobre 2011.
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