I leader
europei s’apprestano a rinchiudersi per una notte e un giorno nella loro
fortezza bruxellese, il Justus Lipsius, a discutere le prospettive finanziarie
a medio termine dell’Unione: in pratica, devono decidere quanti soldi l’Ue
potrà spendere tra il 2014 e il 2020, un esercizio che pare un po’ campato in
aria solo a dirlo.
Si
inizierà con i ‘confessionali’: uno ad uno, capi di Stato e di governo dei 27
vedranno il presidente del Consiglio europeo Herman Van Rompuy, che cercherà
d’esplorare i margini di accordo. C’è chi misura, nelle ultime ore, un sussulto
d’ottimismo: Londra avrebbe ammorbidito le sue posizioni: e funzionari esperti
notano che quando tutti sono scontenti l’intesa è vicina.
Forse.
Intanto, a fare da viatico non positivoal Vertice straordinario, c’è stato il
buco nell’acqua, l’ennesimo, dell’Eurogruppo: all’alba di oggi, dopo oltre 11
ore di trattative ‘non stop’, i ministri delle Finanze dei 17 Paesi della zona
euro non hanno trovato un accordo sull’erogazione alla Grecia di una tranche di
aiuti per oltre 31 miliardi di euro. Il presidente Jean Claude Juncker ha
riconvocato un altro Eurogruppo per lunedì prossimo.
Il nodo resta
quello della sostenibilità del debito pubblico greco, che nelle previsioni di
Bruxelles supererà il 190% del Pil nel 2014. Inoltre, alcuni governi, fra cui
quello tedesco, vogliono prima sottoporre al proprio Parlamento qualsiasi
concessione alla Grecia.
Nel
promettere ad Atene il secondo pacchetto di aiuti da 130 miliardi d’euro, i
partner internazionali (hanno voce in capitolo anche la Banca centrale europea
e il Fondo monetario internazionale) avevano fissato l'obiettivo di un debito
al 120% nel 2020. Nelle ultime settimane l'Eurogruppo ha mostrato una
disponibilità a concedere alla Grecia una proroga
di due anni rispetto a tale termine, mentre l’Fmi non intende concedere
deroghe.
L'argomento
degli aiuti ad Atene, dice Juncker, non sarà evocato al Vertice europeo. Ma al Vertice sarebbe certo stato meglio
arrivarci avendo sbrogliato la matassa Grecia e avendo pure concluso i negoziati
sul bilancio suppletivo 2012 e su quello previsionale 2013. Invece,
tutto è per aria e la situazione è pesante: le borse e i mercati, che lunedì e
martedì s’erano fatti prendere dall’ottimismo, hanno avuto una giornata debole,
anche se hanno chiuso positive, con lo spread in lieve calo..
La stampa
registra il nulla di fatto all’Eurogruppo con titoli critici: i soccorritori dell'euro –scrive- "capitolano"; e
ancora clima di "frustrazione" a Bruxelles. Per Der Spiegel, la lotta
contro la crisi del debito “ha subito un'altra battuta d'arresto”. E il
Financial Times denuncia un intreccio “d’invalicabili linee rosse”, diverse da
Paese a Paese: "Vi è stata –racconta il giornale britannico- forte
resistenza a qualsiasi svalutazione del
valore nominale del debito greco esistente", mentre c’era più
apertura sulla questione della scadenza.
Tuttavia, "c'è ancora disaccordo sul ridurre i tassi di interesse di
questi prestiti, con in particolare la Germania a opporre resistenza a tagli
profondi".
L'accordo, scrive contestualmente Handelsblatt, non è stato
raggiunto nonostante i ministri abbiano concordato che "la Grecia ha
portato a termine tutte le operazioni richiestele prima della riunione". E
ora che si fa? Alla domanda, Wolfgang Schaeuble,
ministro delle finanze tedesche, risponde così_ "Ora, i leader dell'Ue
devono davvero affrontare il problema greco. Ma non ne hanno il tempo". E,
allora, l’Unione resta a metà del guado ed Atene pure: tutti sospesi allo iato
tra promesse politiche e realtà economico-finanziarie, in questo estenuante
gioco europeo delle decisioni politiche che, da un Vertice all’altro, non si
traducono in decisioni concrete.
Congelamento, espansione, tagli,
investimenti. La partita delle prospettive finanziarie 2014-2020 arriva al
Vertice come a uno snodo cruciale, dopo un anno e mezzo di colloqui e ipotesi.
Le posizioni attualmente in campo sono distanti, possono addirittura apparire inconciliabili.
Da un lato ci sono le spinte espansive di Parlamento e Commissione, dall’altro
le frenate dei Paesi membri, specie i contribuenti netti, fra cui l’Italia,
che, alla britannica, minaccia un veto che certamente non vuole attuare.
Il bilancio quadro dell’Unione europea per
i sette anni che vanno dal 2014 al 2020 dovrà essere approvato all’unanimità;
e, dopo, dovrà incassare l’avallo del Parlamento.
Attualmente, la distanza tra il Paese più rigido, la Gran Bretagna, e la
proposta di base della Commissione europea è di circa 200 miliardi di euro, un
quinto della spesa totale.
Se non c’è intesa, i Trattati indicano che
si prenda la cifra dell’ultimo anno delle ultime prospettive approvate (2007-2013),
la si moltiplichi per sette, aggiungendo una rivalutazione del 2%: così, si
arriverebbe a 1.027 miliardi di euro circa. Senza, però, potere introdurre
nuovi capitoli di spesa e d’investimento rispetto al periodo precedente. Una
soluzione d’emergenza, che lascerebbe
tutti scontenti. E la cancelliera tedesca Angela Merkel ha già detto che, di
fare così, non se ne parla proprio: senza accordo, ennesimo Vertice
straordinario nel gennaio 2013.
La proposta della Commissione, varata nel giugno del 2011, prevede 1.031 miliardi in
impegni, cui si sommano circa 60 miliardi “extra budget”, e 987 miliardi in
pagamenti. La Gran Bretagna guida il fronte dei rigoristii: per Londra, il
budget comunitario dovrebbe essere congelato ai livelli 2011, salvo il recupero
dell’inflazione (2% all’anno). A conti fatti, così, s’arriva a circa 940 miliardi
di euro per sette anni. La Germania
ragiona, invece, in percentuale del Pil: la Commissione si attesta all’1,05%
del Pil europeo: Berlino vuole scendere all’1% secco. Che, tradotto in numeri,
significa non più di 960 miliardi.
Sul piatto ci sono due ipotesi di
mediazione: quella della presidenza di turno cipriota –un taglio, rispetto alla
Commissione, di 50 miliardi di euro- e quella del presidente Van Rompuy, che
ipotizza un taglio di poco più di 80 miliardi di euro. Oltre 55 miliardi andrebbero
recuperati su due capitoli chiave per l’Italia: agricoltura (25,5 miliardi) e politica di coesione (29,5
miliardi).
Infine, c’è il Parlamento
europeo, incline alla proposta della Commissione. La tesi è che il bilancio deve
almeno confermare i livelli di spesa del periodo precedente sui capitoli chiave
per essere realmente efficace: Pac e fondi di coesioni, in sostanza, sono intoccabili. E l’Assemblea, che ha
poteri reali, sul bilancio Ue, minaccia di fare ostruzionismo.
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