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martedì 6 novembre 2012

Usa 2012: Romney ha la cabala dei pellerossa, Obama i numeri

Scritto per L'Indro lo 05/11/2012 e, in altra versione, per Il Fatto Quotidiano dello 06/11/2012

Se Mitt Romney, mormone laico, s’affida alla cabala , vuol dire che è messo male. Però, per dargli la forza di crederci fino all’ultimo, anche la cabala, la vigilia dell’Election Day, può servire. Domenica, i Redskins, letteralmente ‘i pellerossa’, la squadra di football americano di Washington, hanno perso  -succede abbastanza spesso, a dire il vero-. Ora, ricorda il Washington Post, il giornale del Watergate, mica l’Eco di RoccaCannuccia, quando i Redskins perdono la partita prima del voto, il candidato del partito che ha vinto la volta precedente perde: 18 presidenziali da quando i Redskins si sono installati a Washington; 17 volte è andata così. Unica eccezione, il 2004: secondo la cabala dei pellerossa, avrebbe dovuto vincere il democratico John Kerry e, invece, rivinse il repubblicano George W. Bush. Ma c’era una spiegazione: Bush, in realtà, aveva perso il voto popolare. Stavolta, magari, sarà il contrario: Barack Obama perderà il voto popolare, mantenendo valida la cabala, ma andrà alla Casa Bianca.

Perché questo è quel che dicono i sondaggi: fra il presidente democratico e il rivale repubblicano sarà un testa a testa, a livello di suffragi popolari. Ma, fra i Grandi Elettori, che sono quelli che contano, Obama è avanti e, nelle ultime ore, avrebbe pure ampliato il suo vantaggio: potrebbe contare su 303 Grandi Elettori, 33 in più della soglia magica di 270, 68 in più di Romney, che non andrebbe oltre 235.

I calcoli sono di RealClearPolitics.com che si basa sulla media di tutti i sondaggi finora elaborati. Gli Stati in bilico sono una decina, secondo il prudentissimo 270towin.com, un altro sito che tiene la conta. Ma, in realtà, quelli davvero incerti sono tre, al massimo quattro: la Florida (29), ‘fatale’ ad Al Gore nel 2000; l’Ohio (18), senza vincere il quale nessun repubblicano è mai diventato presidente; la Pennsylvania (20), dove, però, Obama sembra destinato a farcela; e la Virginia (13), quello più serrato di tutti.

Gli altri Stati considerati ‘in bilico’ paiono ormai ‘andati –ne è una prova il fatto che i candidati hanno praticamente smesso di farvi campagna-: il Nevada (6) e il Colorado (9) a Obama, uniche macchie blu, con il New Mexico, nel mare rosso della ‘cintura della Bibbia’, le Grandi Pianure e le Montagne Rocciose; e pure a Obama il Wisconsin (10), il Michigan (16) e il New Hampshire (4), a confermare il dominio democratico nella Regione dei Grandi Laghi e nel New England. Romney si prende, invece, la North Carolina (15), e così il Sud è quasi tutto suo –c’è l’incognita Virginia-, mentre nel MidWest qualcuno gli attribuisce lo Iowa (6) –ma io fatico a crederci-.

Che la situazione resti fluida, lo dice la media dei sondaggi nei quattro Stati chiave: in Florida, Obama 47,7,  Romney 49,5; in Ohio, Obama 49,4, Romney 46,5; in Pennsylvania, Obama 49,3, Romney 45,5; in Virginia, Obama 48,0,  Romney 47,7. Ma anche a volere prendere come base 270towin, che lascia Obama a 201 e Romney a 191 Grandi Elettori sicuri, e attribuendo a Obama solo Nevada, Colorado, Wisconsin, Michigan e New Hampshire si arriva a 246. A questo punto, gliene bastano 24 per arrivare a 270 e vincere: uno dei quattro ‘super-contesi’ più, magari, lo Iowa. Mentre Romney, per batterlo, deve praticamente fare bottino pieno.

Fra le tante combinazioni possibili, c’è naturalmente pure il pareggio dei Grandi Elettori. Ma, se è già successo quattro volte che andasse alla Casa Bianca chi aveva perso le elezioni al voto popolare, il pari non c’è mai stato. Dovesse succedere, il presidente lo eleggerà la Camera e il vice il Senato. E così avremmo Romney presidente e Joe Biden suo vice. Ma è come lanciare la monetina e ritrovarsela di taglio: accade solo al cinema, in ‘Mr Smith va a Washington’ di Frank Capra. Appunto.

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