Se Mitt Romney, mormone laico, s’affida
alla cabala , vuol dire che è messo male. Però, per dargli la forza di crederci
fino all’ultimo, anche la cabala, la vigilia dell’Election Day, può servire.
Domenica, i Redskins, letteralmente ‘i pellerossa’, la squadra di football
americano di Washington, hanno perso
-succede abbastanza spesso, a dire il vero-. Ora, ricorda il Washington
Post, il giornale del Watergate, mica l’Eco di RoccaCannuccia, quando i
Redskins perdono la partita prima del voto, il candidato del partito che ha
vinto la volta precedente perde: 18 presidenziali da quando i Redskins si sono
installati a Washington; 17 volte è andata così. Unica eccezione, il 2004:
secondo la cabala dei pellerossa, avrebbe dovuto vincere il democratico John
Kerry e, invece, rivinse il repubblicano George W. Bush. Ma c’era una
spiegazione: Bush, in realtà, aveva perso il voto popolare. Stavolta, magari,
sarà il contrario: Barack Obama perderà il voto popolare, mantenendo valida la
cabala, ma andrà alla Casa Bianca.
Perché questo è quel che dicono i
sondaggi: fra il presidente democratico e il rivale repubblicano sarà un testa
a testa, a livello di suffragi popolari. Ma, fra i Grandi Elettori, che sono
quelli che contano, Obama è avanti e, nelle ultime ore, avrebbe pure ampliato
il suo vantaggio: potrebbe contare su 303 Grandi Elettori, 33 in più della
soglia magica di 270, 68 in più di Romney, che non andrebbe oltre 235.
I calcoli sono di RealClearPolitics.com che
si basa sulla media di tutti i sondaggi finora elaborati. Gli Stati in bilico
sono una decina, secondo il prudentissimo 270towin.com, un altro sito che tiene
la conta. Ma, in realtà, quelli davvero incerti sono tre, al massimo quattro:
la Florida (29), ‘fatale’ ad Al Gore nel 2000; l’Ohio (18), senza vincere il
quale nessun repubblicano è mai diventato presidente; la Pennsylvania (20),
dove, però, Obama sembra destinato a farcela; e la Virginia (13), quello più
serrato di tutti.
Gli altri Stati considerati ‘in bilico’
paiono ormai ‘andati –ne è una prova il fatto che i candidati hanno
praticamente smesso di farvi campagna-: il Nevada (6) e il Colorado (9) a
Obama, uniche macchie blu, con il New Mexico, nel mare rosso della ‘cintura
della Bibbia’, le Grandi Pianure e le Montagne Rocciose; e pure a Obama il
Wisconsin (10), il Michigan (16) e il New Hampshire (4), a confermare il
dominio democratico nella Regione dei Grandi Laghi e nel New England. Romney si
prende, invece, la North Carolina (15), e così il Sud è quasi tutto suo –c’è
l’incognita Virginia-, mentre nel MidWest qualcuno gli attribuisce lo Iowa (6) –ma
io fatico a crederci-.
Che la situazione resti fluida, lo dice
la media dei sondaggi nei quattro Stati chiave: in Florida, Obama 47,7, Romney 49,5; in Ohio, Obama 49,4, Romney 46,5;
in Pennsylvania, Obama 49,3, Romney 45,5; in Virginia, Obama 48,0, Romney
47,7. Ma anche a volere prendere come base 270towin, che lascia Obama a 201 e
Romney a 191 Grandi Elettori sicuri, e attribuendo a Obama solo Nevada,
Colorado, Wisconsin, Michigan e New Hampshire si arriva a 246. A questo punto,
gliene bastano 24 per arrivare a 270 e vincere: uno dei quattro ‘super-contesi’
più, magari, lo Iowa. Mentre Romney, per batterlo, deve praticamente fare
bottino pieno.
Fra le
tante combinazioni possibili, c’è naturalmente pure il pareggio dei Grandi
Elettori. Ma, se è già successo quattro volte che andasse alla Casa Bianca chi
aveva perso le elezioni al voto popolare, il pari non c’è mai stato. Dovesse
succedere, il presidente lo eleggerà la Camera e il vice il Senato. E così
avremmo Romney presidente e Joe Biden suo vice. Ma è come lanciare la monetina
e ritrovarsela di taglio: accade solo al cinema, in ‘Mr Smith va a Washington’
di Frank Capra. Appunto.
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