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lunedì 5 novembre 2012

USA 2012: Europa e Mondo votano Obama, America è divisa

Scritto per EurActiv e, in versione diversa, per l'Indro lo 05/11/2012

Un voto per l’America, ma anche un voto per l’Europa e per il Mondo: l’elezione del presidente degli Stati Uniti conserva una portata planetaria di gran lunga superiore a qualsiasi altra elezione nazionale. La scelta tra il presidente democratico Barack Obama, il primo nero alla Casa Bianca, e lo sfidante repubblicano Mitt Romney non determinerà solo la direzione politica ed economica Usa nei prossimi quattro anni, ma condizionerà tutti gli equilibri internazionali e, in ultima analisi, anche le prospettive di pace e guerra.

Logico, quindi, che l’Unione europea, in particolare, guardi con attenzione e pure apprensione all’esito della consultazione. Obama è percepito come più vicino alla sensibilità e alle priorità dell’Europa tradizionale partner ed alleato dell’America. Romney ha assunto posizioni più critiche e ha avuto accenti sprezzanti, almeno nei confronti di alcuni Paesi Ue, Grecia, Spagna, Italia. Ma c’è sempre uno iato tra il candidato e il presidente: con Obama, lo si è già misurato; con Romney andrebbe esplorato.

Negli Stati Uniti, questi sono gli ultimi scampoli della campagna elettorale: domani si va alle urne per scegliere il presidente e, inoltre, per rinnovare la Camera e un terzo del Senato, rinnovare i governatori di diversi Stati e numerose assemblee statali e locali, pronunciarsi su una miriade di referendum a vario livello.

I sondaggi indicano che l'esito della corsa alla Casa Bianca è incerto: c’è sostanziale equilibrio, almeno nelle intenzioni di voto a livello nazionale, ma il presidente appare in vantaggio nella conta dei Grandi Elettori, cioè nel computo dei voti elettorali dei singoli Stati, che sono quelli che contano. Il collegio elettorale è composto da 538 Grandi Elettori: ce ne vogliono 270 per vincere.

Negli ultimi giorni, la risposta dell’Amministrazione ai lutti e alle devastazioni dell’uragano Sandy ha dato una scossa positiva alla credibilità e al prestigio di Obama presidente, ma il sostegno a Romney è comunque alto negli Stati cruciali che decideranno il risultato del confronto: i due che, più degli altri, hanno le chiavi della Casa Bianca sono l’Ohio, dove Obama è avanti, e la Florida, dove l’equilibrio è massimo. Al presidente, può bastarne uno dei due; lo sfidante deve invece farvi l’en plein.

La conferma di Obama o la vittoria di Romney è nelle schede degli indecisi –appena un ventesimo degli elettori, a questo punto-, che prenderanno una decisione all'ultimo minuto (e molti, alla fine, decidono di non decidere, cioè di non votare). Una caratterista peculiare di questa campagna è, secondo i ricercatori dell’Ispi, l’Istituto di studi politici internazionali, che gli indecisi 2012 non sono elettori di centro: sui temi nodali, non sembrano cioè avere posizioni moderate tanto che appare stavolta “parzialmente fuorviante la vecchia idea secondo cui la Casa Bianca si vince spostandosi verso il centro”.

Più importante, invece, sembra essere oggiAggiungi un appuntamento per oggi la capacità di mobilitare appieno il proprio elettorato, anche a costo di radicalizzare toni e contenuti della proposta politica, come ha fatto, almeno durante le primarie, con una certa efficacia Romney. Dopo avere ancora compiaciuto gli ultra-conservatori, scegliendo come proprio vice Paul Ryan, l’ex governatore del Massachusetts s’è però ‘ricentrato’, almeno nei dibattiti televisivi.

Temi chiave della campagna elettorale sono stati soprattutto quelli di politica interna, l'economia, l'occupazione, la sanità e i tagli al deficit pubblico, mentre i temi di politica estera sono stati secondari e concentrati principalmente attorno alla Cina, al nucleare iraniano, alle delicate relazioni con Israele e alla questione terrorismo internazionale.

Per gli esperti dell’Ispi, la retorica dei due possibili presidenti potrebbe rivelarsi, in futuro, diversa da quella della campagna, condizionata dalla polarizzazione dell'elettorato. Ma un dato appare incontrovertibile: quello di un'America divisa, come poche altre volte in passato, che potrà attraversare una fase di "introversione politica" data da diversi fattori, dalle difficoltà economiche, alle trasformazioni sociali, al relativo declino internazionale.

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