Paese e media che vai, papa che trovi. C’è il giornale
che ‘tira la volata’ al ‘campione’ nazionale; e c’è quello che ‘fa lo
sgambetto’ all’avversario ben piazzato. C’è chi tenta l’identikit del
successore di Benedetto XVI e chi ne definisce a priori le caratteristiche,
sempre con richiami alla spiritualità. E, alla fine, trionfano i luoghi comuni,
tipo ‘nemo propheta in patria’: un professore dell'Università cattolica
brasiliana, Francisco Borba, dice che i quattro cardinali brasiliani in
conclave non “faranno lobby” per Odilo Scherer, arcivescovo di San Paolo, uno
dei favoriti della vigilia. Una tesi avallata dai giornali di San Paolo e di
Rio: Scherer non avrebbe il sostegno unanime dei porporati brasiliani.
Dagli Stati Uniti e dalla Gran Bretagna,
arriva invece un siluro destinato al ‘front runner’ italiano, Angelo Scola,
cardinale di Milano. ''Discuterò di Comunione e Liberazione in Conclave”, fa
sapere al Wall Street Journal un cardinale europeo che chiede l’anonimato. Il quotidiano
finanziario punta l’attenzione sul movimento fondato da don Luigi Giussani e
sui legami con Scola, giudicato “troppo vicino alla politica” –e, magari,
all’ex presidente della Lombardia Roberto Formigoni-. Il Guardian, con qualche
forzatura, collega le prospettive di elezione dell’arcivescovo di Milano con
operazioni dell’antimafia per appalti e forniture ad aziende ospedaliere lombarde.
Proprio il Guardian, quello che ai suoi lettori sulle
elezioni italiane aveva offerto una sorta di gioco dell’oca, propone stavolta
una specie di kit ‘fai da te’: “Scegli il tuo papa”. Alcuni fra i media più
prestigiosi decretano una vigilia da ‘too close to call’: la Bbc non vede
nessuno “chiaramente in testa”; Le Monde descrive un conclave dove manca “una
personalità dominante”. Libération, invece, rilancia l’ipotesi del ‘papa nero’,
così come fanno siti Usa ‘tweettati’ in Italia; ed El Mundo gioca la carta del
papa sudamericano. Per la Cnn, il cardinale di New York Timothy Dolan “incanta i fedeli” che ne
ascoltano l’omelia.
La diplomazia internazionale è più
prudente dei media; e, apparentemente, meno coinvolta. Un papa –è la tesi- non
sposta, solo in base alla sua provenienza, gli equilibri geo-politici e l’asse
del potere economico o militare. Vero. Ma poi si pensa a Wojtyla e alla caduta
del Muro; e, allora, magari, viene in mente che un papa cinese potrebbe aprire
una breccia nel regime comunista ed incidere sulla rotta della Super-Potenza
del XXI Secolo. Pechino, infatti, il papa cinese non lo vuole proprio.
Se l’Italia al papa ci tiene per
consuetudine, gli altri Paesi europei non paiono sentirne il richiamo, in
questo momento. I Grandi sembrano fuori gioco: Germania e Polonia hanno già
avuto; Francia e Spagna non hanno candidati. Fra i piccoli, Belgio, Ungheria,
Austria offrono loro porporati, senza crederci troppo. E, comunque, un papa
europeo sposta ormai poco in Europa.
Diverso sarebbe, invece, il discorso se
il papa venisse da altre regioni del Mondo: un pontefice che arrivasse
dall’Africa o dall’America latina non solo accenderebbe i riflettori su quei
cattolicesimi, ma renderebbe il suo continente un po’ meno periferia del Mondo.
E un papa che venisse dal Nord America sembrerebbe confermare l’egemonia
culturale di quell’area sul resto del Mondo, almeno Occidentale. Anche se, il
cardinale francescano di Boston Sean O’Malley, origine irlandese, riassume in
sé diverse forti tradizioni cattoliche e apparirebbe l’erede di una vocazione
alla povertà spesso poco riconoscibile nella Chiesa moderna. Quanto all’Asia,
quella che conta, la Cina, l’India, il Giappone, resta una periferia cattolica.
Le Filippine hanno Luis Antonio Tagle,
55 anni, un campione troppo giovane –ha ancora un giro davanti-, anche se il
Daily Mail già lo insedia Papa Facebook 1.
Nell’attesa della fumata bianca, l’attenzione dei
media non è sempre deferente. L’Indipendent parla d’una sauna gay nei palazzi
vaticani. Il Guardian vede il lascito di Ratzinger nella sua moda papale. Tutti
puntano sulla lotta di potere per la riforma dello Ior, la banca curiale, e
sulle ferite lasciate dagli episodi di pedofilia, che inseguono fin dentro la
Cappella Sistina l'arcivescovo di Sydney George Pell.
Divisioni e contrasti minano, per molti
media esteri, le candidature italiane: torniamo al WSJ, che cita un secondo cardinale,
sempre anonimo, secondo cui il consenso su Scola è forte fuori d’Italia, mentre
i legami con Cl ne hanno eroso l’appoggio tra gli italiani e nella Curia.
Il Guardian ricorda che il cardinale,
considerato il più illustre portavoce ecclesiastico del gruppo, ha poi allentato
i legami con Cl e un anno fa ha pubblicamente preso le distanze dai ciellini.
Al WSJ, alcuni cardinali tessono l’elogio del movimento, altri esprimono scetticismo
per i legami tra gruppo e politica. “Due decenni fa Cl ha aiutato a mettere
Silvio Berlusconi sulla mappa del potere”, scrive la bibbia della finanza.
Nessun commento:
Posta un commento