Nonostante
lo scossone della vigilia, con l’altolà del Parlamento europeo al bilancio
pluriennale Ue 2014/2’20, quello che s’è oggi aperto a Bruxelles è un Vertice
incolore, senza decisioni alla ‘o la va o la spacca’. Anzi, è un Vertice
cromaticamente descritto dal suo presidente Herman Van Rompuy: a chi gli chiede
le differenze fra chi dei 27 spinge per la crescita e chi è paladino del
rigore, l’ex premier belga risponde parlando di “sfumature di grigio”. Il
colore standard della capitale europea.
Quanto
all’Italia, quel che le preme pare già acquisito, almeno stando alla bozza di
conclusioni all’esame dei leader: maggiore flessibilità nella disciplina dei
conti pubblici, con il riconoscimento che gli investimenti produttivi non vanno
considerati nel computo del deficit di bilancio. Guidata dal premier Mario
Monti, al passo dell’addio europeo nel ruolo, la delegazione italiana può
contare su una forte sponda francese: Parigi chiede a sua volta di allargare le
maglie dei piani di rientro –e pure qui la partita pare vinta prima del fischio
d’inizio-.
Questa volta, probabilmente, non ci sarà modo di testare la teoria di Der
Spiegel, secondo cui sono le capacità di veglia marcatamente diverse dei
leader dei 27 a determinare il successo o il fallimento dei negoziati di un
Vertice europeo. Non si profilano, infatti, trattative ad oltranza, come a
febbraio, quando bisognava varare le prospettive finanziarie a medio termine
dell’Unione europea. Eppure, gli orari delle riunioni sono da nottambuli
incalliti: inizio dei lavori alle 17.00, dopo le consultazioni di partito; e un
Vertice dell’Eurogruppo, riservato ai 17 dell’euro, a partire dalle 22.00 (e
forse consacrato, almeno ufficialmente, alle difficoltà di Cipro).
A smorzare gli ottimismi, le dichiarazioni all’arrivo di tedeschi e finlandesi: i primi escludono piani ‘pro Cipro’; i secondi negano flessibilità su investimenti e deficit.
A smorzare gli ottimismi, le dichiarazioni all’arrivo di tedeschi e finlandesi: i primi escludono piani ‘pro Cipro’; i secondi negano flessibilità su investimenti e deficit.
Il caso Italia
Anche se
non figura all’ordine del giorno, la situazione politica italiana coagula
attenzioni e timori dei partner europei. E se n’è pure parlato molto nei
pre-Vertice di partito, specie in quello, molto affollato, del Ppe.
A parole,
prevale la fiducia nella solidità delle istituzioni italiane e nella continuità
delle scelte politico-economiche. Van Rompuy esorta l’Italia a proseguire sulla
via del consolidamento dei conti, seppure con aggiustamenti che “tengano conto
dell’esito del voto”; e
si dichiara fiducioso che “la leadership italiana ritroverà il cammino del buon
senso”. Il lussemburghese Jean-Claude Juncker esclude che l’Italia abbia
bisogno di salvataggi.
Ma, in
realtà, nessuno sa chi ci sarà la prossima volta, al posto di Monti, e ciò
rende tutti nervosi. Il premier professore incassa dai suoi - ormai quasi ex -
pari il via libera sugli investimenti produttivi, a riprova della stima di cui
gode, e ostenta ottimismo: “L’Italia continuerà ad essere ascoltata anche in
futuro; il popolo italiano ha dimostrato nei fatti di avere fiducia nell'Europa
e ha saputo ritrovare da sé il riequilibrio delle finanze pubbliche che tanto preoccupava gli italiani e
gli europei”.
Però, il
vice-presidente della Commissione europea Antonio Tajani afferma che “tutti
pensano che l’Italia ha bisogno di un governo stabile” e riferisce di un
pressing del Ppe per un’intesa Pd-Pdl.
Roma e Parigi
Sul piano
del negoziato, la vicenda italiana dimostra, a giudizio di Monti, come non sia
sufficiente, per uscire dalla crisi, raggiungere il pareggio di bilancio e seguire alla lettera le indicazioni
dell’Ue in fatto di rigore. Roma è stata un’ottima
allieva della classe europea nel liceo della preside Merkel, ma la
crescita non accenna a ripartire.
E, allora,
ci vuole un allentamento dell’austerità, attraverso –parole di Monti- “margini
ragionevoli di flessibilità nella disciplina dei conti pubblici”, escludendo
appunto gli “investimenti
produttivi” dai vincoli comunitari. "Il Consiglio - si
legge nella bozza delle conclusioni, che soddisfa l’Italia - ricorda che, pur
nel pieno rispetto del Patto di Stabilità e Crescita, si possono sfruttare le
possibilità offerte dalle norme di bilancio esistenti per equilibrare i bisogni
di investimenti produttivi con gli obiettivi della disciplina di
bilancio".
La Francia
del presidente Francois Hollande
ha un cruccio analogo: l’alleggerimento dei piani di rientro del
deficit, se la crescita è peggiore del previsto. E l’asse
Roma-Parigi mette in difficoltà la Germania e tutti i ‘campioni del rigore’. I
segnali che arrivano dall’Unione, dai governi e dai popoli alle urne, sono
inequivocabili: c’è un’insofferenza crescente verso le ricette europee,
direttamente proporzionale alla loro inefficacia.
Prendendo anche spunto dal voto di ieri dell’Assemblea di Strasburgo sul bilancio pluriennale, bisogna “rivedere qualcosa nella politica
economica dei prossimi anni”, scrive su EurActiv.it Giuseppe Latour. Il Vertice,
con le prime discussioni sulle linee del Semestre europeo del 2013, pare la sede giusta per
iniziare a farlo.
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