Pareva lo scoppio di un petardo. Rischia di rivelarsi un terremoto. La crisi di Cipro pone un rischio sistemico per tutta l’l’Eurozona: a meno di una settimana dall’annuncio del ‘piano di salvataggio’, poi bocciato dal Parlamento cipriota, il presidente dell’Eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem, smette di fare il pompiere e ammette che il tonfo dell’isola potrebbe contagiare tutti i 17 Paesi dell’euro. E ci sono pure in gioco i rapporti dell’Ue con
In serata, l’Eurogruppo torna a riunirsi, telefonicamente per fare il punto della situazione e valutare le alternative che la troika discute con le autorità cipriote. Ma una decisione non pare matura: già si parla d’una riunione d’emergenza dei ministri delle finanze dei 17, domenica o lunedì. Come vuole la pessima tradizione dell’Unione europea, si definirà tutto in extremis, con l’acqua alla gola.
La richiesta al governo di Nicosia è d’interventi immediati: Ue e Fmi ci mettono 10 miliardi di euro, i ciprioti devono trovarne 5,8 –in tutto, la manovra vale il pil dell’isola-. Nei contatti con la troika, costituita da Commissione europea, Bce e Fmi, si fa strada l’ipotesi di un fondo di solidarietà, dando in pegno beni dello Stato a garanzia del prestito internazionale. In serata,
Cipro negozia pure con l’altro suo
‘padrino’, la Russia ,
molto critica con l’Ue, che accusa di volere ‘spennare’ i suoi cittadini –i
depositi bancari più pingui sull’isola sono proprio russi-. E Mosca minaccia di
rivedere al ribasso le quote in euro delle sue riserve, stimate a circa 200 miliardi: l’atto comprometterebbe
ulteriormente la tenuta della moneta europea sui mercati internazionali.
Intanto, i tempi si allungano. Il ‘piano B’, che s’era
ipotizzato potesse essere presentato ieri, deve ancora essere definito, mentre
Nicosia è teatro di manifestazioni e di tafferugli, con protagonisti i
dipendenti delle banche minacciate di fusione o di chiusura. E, spesso, le voci
sul ‘piano B’ sono contraddittori: la scorsa notte, pareva certa una nuova
versione del prelievo forzoso; ora, pare si discuta una nazionalizzazione dei fondi
pensione delle compagnie semi-pubbliche, o la creazione d’una ‘bad bank’ che incameri le passività
delle banche da salvare, o ancora l’emissione di debito straordinario garantito
coi futuri proventi delle risorse energetiche da poco scoperte –la Russia ci tiene gli occhi
addosso-.
A parole, i governi dei Grandi dell’euro sono consapevoli della
criticità del momento: la
Germania giudica un dovere dell’Eurozona trovare una
soluzione, la Francia
ammette che il piano annunciato sabato scorso è stato un errore; il presidente
del Parlamento europeo, il tedesco Martin Schulz, vuole fare pagare il conto ai
ricchi, cioè –in questo caso- agli affaristi russi. Ma la linea resta quella
che l’Austria sintetizza così: senza un piano alternativo, ma sostanzialmente
equivalente, ai prelievi sui depositi, niente aiuti europei.
Fortuna che mercati restano
relativamente calmi. Le borse europee chiudono negative, ma senza crolli. Lo
spread si mantiene su quota 320. Gli operatori non credono che Cipro mandi a
picco l’euro; o, meglio, che l’Eurozona si lasci affossare da Cipro. E l’agenzia
di rating Fitch, per ora, è rassicurante: la crisi non ha ”implicazioni
immediate sui rating sovrani di altri Paesi dell'Eurozona".
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