Il Parlamento di Cipro boccia, con un voto netto, il piano
d’aiuti varato dall’Eurogruppo sabato all’alba: 10 miliardi di aiuti per
sventare il fallimento dell’isola, a patto, però, che Nicosia recuperi 5,8
miliardi con un prelievo forzoso sui conti correnti. Alla fine d’una giornata
convulsa, il verdetto dell’Assemblea è stato inequivocabile: 36 voti contro, 19
astensioni –il partito del presidente- e nessuno a favore. Lo speaker del
Parlamento, Yiannakis Omirou, un paladino del no, ha annunciato: “Il piano è
stato respinto”. E migliaia di cittadini riuniti fuori dal palazzo hanno
esultato, mentre c’è costernazione nelle sedi dell’Unione: si deve tornare a
discutere.
La partita non è chiusa. Cipro rischia di crollare sotto il
peso abnorme del settore creditizio, i cui depositi valgono circa sette volte
il pil nazionale. E le notizia che
vengono da Atene non migliorano il quadro, ma lo rendono paradossale:il governo
greco chiede all’Eurozona di correggere il piano ‘pro isola’; e le banche
greche sono disponibili ad aiutare quelle cipriote. Dio mio!, in che mani
sono!, e siamo!
Non che quelle
dell’Eurogruppo siano molto più affidabili, vista l’eco negativa e le divisioni
interne suscitate delle decisioni di sabato. Mentre un aereo della Raf
porta a Nicosia un milione di euro, per parare ai disagi dei residenti
britannici, specie il personale militare, il ministro delle finanze Michalis
Sarris fa un’andata e ritorno a Mosca per chiedere un’estensione del credito di 2,5 miliardi d’euro ricevuto
da Cipro due anni or sono, nonché un alleggerimento delle sue condizioni.
I russi sono
irritati con l’Ue e preoccupati, ma ci penseranno. Sull'isola, vivono 80 mila
russi, la cui presenza sarebbe collegata – si sospetta - a loschi traffici
finanziari e al riciclaggio di denaro sporco: i loro depositi valgono da soli
20 miliardi di euro, più del Pil cipriota. Tassi d’interesse alti e imposta
sulle società minima (10%) hanno fatto prima il successo e ora la rovina
dell’isola che voleva essere ‘paradiso fiscale’.
Dopo la bocciatura del piano, il governo di Nicosia lavora
per sottrarre i piccoli depositi –fino a 20 mila euro- al prelievo forzoso. Le
istituzioni finanziarie internazionali non sono contro l’ipotesi d’una
tassazione progressiva, ma la
Banca centrale cipriota gela tutti: impossibile – sostiene -
escludere dal prelievo i depositi al di sotto d’una certa cifra, se si vogliono
fare quadrare i conti.
Fitch, tanto per gettare olio sul fuoco, una specialità
delle agenzie di rating, mette sotto controllo tre banche cipriote, citando “i
rischi al ribasso relativi all'imposizione”. E l'istituto d’analisi tedesco Zew
ci chiama in causa e avvisa: l'incertezza politica in Italia e la complessa situazione
di Cipro aumentano i rischi di peggioramento della crisi finanziaria in Europa.
L'Ocse, invece, fa il pompiere e sostiene che il piano di salvataggio per Cipro
non mette in pericolo l'euro.
Anche l’Eurogruppo si sforza di tranquillizzare operatori
finanziari e opinioni pubbliche: non c’è nessuna necessità –afferma- di
estendere il prelievo forzoso sui conti correnti ad altri paesi; anzi,
“l’ipotesi è assolutamente fuori questione”. Nei confronti di Cipro, il club
dell’euro lascia margini d’intervento sulle modalità del prelievo, specie per
la salvaguardia dei piccoli depositi. Però, resta adamantino su un punto: il
governo di Nicosia faccia come vuole, ma recuperi 5,8 miliardi di euro: su
quella cifra, non c’è margine di manovra. E la Germania conferma: senza
quelli, niente aiuti.
Tra segnali contrastanti, i mercati, preda dell’incertezza, sono
deboli per il secondo giorno, ma non crollano: borse in rosso nell’Ue, spread
che risale a 337, euro ai minimi sul dollaro da tempo, ma movimenti
sostanzialmente contenuti. Le banche nell'isola resteranno ancora chiuse oggi.
E la Bce , dopo il
no del Parlamento di Nicosia e in contatto con Ue ed Fmi, "conferma
l'impegno a garantire la liquidità necessaria a Cipro entro il quadro delle
regole previste".
A complicare il quadro, la minaccia di sussulti nella
neo-formata compagine governativa cipriota – il presidente è stato eletto da
meno di un mese -. Il ministro
delle Finanze Michalis Sarris potrebbe dimettersi, su richiesta di esponenti del partito di destra Diko, alleato del Disy di Anastasiades.
Sarris smentisce, ma il quadro resta fluido.
Nessun commento:
Posta un commento