Un effetto positivo, le elezioni italiane possono averlo:
mettere “pressione sui leader europei, che agiscono solo quando hanno le spalle
al muro e non hanno altra scelta”, dice Guy Vehofstadt. Perché, “se non
acceleriamo sul percorso dell’integrazione”, “ci perdiamo i popoli europei”,
spiega Sylvie Goulard.
A una settimana dal voto che ha suscitato allarme e
preoccupazione in tutta l’Unione, non è più tempo di frasi fatte e belle
parole, come quelle che il presidente Napolitano e il premier Monti hanno collezionato
in Germania e a Bruxelles: fiducia nelle scelte dell’Italia, certezza che l’euro
terrà.
Domani e martedì, a Bruxelles, i ministri delle finanze
mettono l’Italia sotto la lente d’ingrandimento (ma avrebbero piuttosto bisogno
d’una palla di vetro): lo scambio d’opinioni potrebbe limitarsi a qualche
battuta informale; ma c’è chi anticipa l’apertura di un ‘dossier Italia’. Nell’Ue,
stanno riemergendo molte preoccupazioni rimaste sotto traccia nell'anno di
azione del governo tecnico. E si fa già strada l’ipotesi di non chiudere la
procedura contro l’Italia per deficit eccessivo, nonostante i risultati delle
politiche di rigore.
Curioso magari essere ora severi con l’Italia, dopo essere appena
stati di manica larga con la
Francia , che sfora i limiti del deficit di bilancio. Ma la
situazione globale, oltre alle peculiarità dell’Italia post voto, possono
suggerire stretta sorveglianza. Dagli Usa arrivano brutte notizie: il presidente
Obama non doma l’opposizione repubblicana e deve perciò firmare il decreto che
taglia 85 miliardi di dollari alla spesa pubblica, soprattutto nel settore
militare, di qui a settembre. Sono a rischio 750 mila posti: basta per
rimettere in bilico una ripresa ancora fragile.
Quale sarà la risposta europea al voto italiano, Il Fatto
l’ha chiesto a due esponenti europeisti di primo piano: Verhofstadt, liberale,
federalista convinto, ex premier belga, e la Goulard , autrice con Monti del libro ‘La
democrazia in Europa’. “Senza il doppio binario del rigore e della crescita, è
in pericolo non solo l’Eurozona, ma tutta l’Unione”, afferma il primo.
“E’ difficile innescare in tempi brevi cambiamenti
istituzionali –avverte la seconda-. Ma i leader dell’Ue potrebbero accettare,
come primo passo, indicazioni che vengono dal Parlamento europeo”: “accompagnare
le politiche d’austerità con scelte per la crescita e l’occupazione” e
modificare “il bilancio europeo”.
Per Verhofstadt, “le elezioni italiane possono suonare la
sveglia ai leader europei: che la crisi non è superata, che non possiamo
risolverla senza una vera Unione monetaria e senza la prospettiva di quella
politica e che la disciplina di bilancio va bene, ma da sola non basta ... Ci
vogliono solidarietà e crescita: bisogna usare la dimensione europea”, gli
eurobonds e gli europrojects.
Concetti che la
Goulard condivide. I due attribuiscono entrambi all’Europa
colpe nell'esito delle elezioni italiane. “Abbiamo grandi dibattiti nazionali –
osserva la Goulard
-, facciamo messe cantate, mentre, a livello europeo, i cittadini non possono dire
la loro sulle scelte da fare”. Ma, per Verhofstad, “il voto italiano, prima che
contro l’Europa, è contro la politica: gli italiani sono stufi dei loro
politici corrotti, ma non vogliono lasciare l’euro, perché sanno che fuori
dall’euro ci sono solo svalutazioni e povertà”.
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