Fantasmi nucleari di un Mondo fragile e insicuro: quello iraniano, lo agita Israele; quello nordcoreano, lo agita la
stessa Corea del Nord. Il fine dichiarato è, sempre, preventivo. L’effetto è un
sussulto di tensione internazionale. In visita a Bruxelles, alle Istituzioni
comunitarie, il presidente israeliano Shimon Peres dichiara che l'Iran ''e' un
pericolo non solo per Israele, ma per il Mondo intero'' e che ''bisogna evitare che diventi uno stato
nucleare''. Da Pyongyang, la Corea del
Nord minaccia un attacco nucleare preventivo contro chiunque la minacci
seriamente: "Poiché gli Stati Uniti stanno per innescare una guerra
atomica, eserciteremo il nostro diritto per un attacco nucleare contro
l'aggressore per proteggere i nostri supremi interessi", dice un portavoce
del ministero degli Esteri, citato dall’agenzia di stampa ufficiale, mentre
procedono le manovre militari tra Washington e Seul e l'Onu adotta un giro di
vite alle sanzioni contro il regime.
Iran / Israele – Le dichiarazioni di Peres a Bruxelles vanno collocate nel contesto dell’allarme d’Israele per i programmi nucleari iraniani potenzialmente militari e vanno lette in vista della visita , fra due settimane, del presidente degli Stati Uniti Barack Obama. La corsa nucleare dell'Iran –dice Peres- va fermata "preferibilmente con mezzi politici e diplomatici, ma senza compromessi" , cioè senza accantonare l'opzione militare.
Iran / Israele – Le dichiarazioni di Peres a Bruxelles vanno collocate nel contesto dell’allarme d’Israele per i programmi nucleari iraniani potenzialmente militari e vanno lette in vista della visita , fra due settimane, del presidente degli Stati Uniti Barack Obama. La corsa nucleare dell'Iran –dice Peres- va fermata "preferibilmente con mezzi politici e diplomatici, ma senza compromessi" , cioè senza accantonare l'opzione militare.
Il presidente israeliano
riconosce che le sanzioni finora adottate hanno avuto un effetto “anche superiore
alle attese”, ma osserva che “non hanno ancora fatto abbastanza". E, come
buon peso, accusa Teheran di essere
"l’epicentro del terrorismo internazionale e delle violazioni dei diritti
dell’uomo". Poi, chiama in causa gli Stati Uniti, che stanno ''costruendo
una coalizione per fermare il pericolo” nucleare iraniano, una coalizione che “preferisce
cominciare ad agire con le sanzioni” (“ma esistono altre opzioni'', è il
monito).
Le due Coree – Come in Medio Oriente, tra Israele e la Siria, o l’Iran, anche nella penisola coreana c’è uno
stato di guerra mai chiusa e una situazione d’insicurezza permanente. Pyongyang
accentua la retorica contro "il nemico giurato", gli Stati Uniti, poco
prima che il Consiglio di Sicurezza dell'Onu vari nuove sanzioni concordate da
Usa e Cina. Suggellato l’accordo al Palazzo di Vetro, Washington avverte la
Corea del Nord che non otterrà nulla con le minacce, mentre Pechino invita a
riprendere ora i contatti diplomatici.
Pyongyang accusa Washington di
condurre le manovre militari congiunte americano/sudcoreane come premessa ad un
attacco convenzionale e nucleare e minaccia ulteriori test di ordigni nucleari,
in risposta alle sanzioni dell’Onu. L’asprezza retorica nordcoreana non
sorprende, ma suona conferma del peggioramento delle relazioni, dopo il lancio in
dicembre di un razzo/satellite e, poi, l’esplosione di un terzo ordigno
nucleare il 12 febbraio.
Altrove nel Mondo – In Venezuela, si preparano i funerali, domani,
del presidente Hugo Chavez, mentre ‘chavisti’ e oppositori già si preparano
alla sfida elettorale fra il vice-presidente, e delfino, Nicolas Maduro e il
‘campione’ anti-regime Henrique Capriles, sulla cui ‘nomination’ si sono ora
accordate le forze dell’opposizione. Capriles era già stato sconfitto da
Chavez, nelle presidenziali del 7 ottobre.
Nelle Filippine, invece, ore
d’ansia per la sorte dei 21 Caschi Blu sequestrati sulle alture del Golan, al
confine tra Siria e Israele. Il governo di Manila ne chiede l'immediato
rilascio e starebbe negoziando con i ribelli siriani responsabili dell’azione contro
la missione dell’Onu. L'Esercito libero siriano (Els) chiede, per rilasciare
gli ostaggi, il ritiro dalla zona dei soldati del regime di Damasco. L’azione
spregiudicata dei ribelli siriani suscita condanne internazionali e accentua
interrogativi e perplessità sulla reale natura dell’insurrezione anti-regime.
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