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giovedì 28 marzo 2013

Giustizia: Ue; Reding, giù le mani dall'indipendenza dei magistrati

Scritto per Il Fatto Quotidiano del 28/03/2013. Altra versione su l'Indro il 27/03/2013
E’ una brutta stagione, per l’Italia e per la sua immagine internazionale: un governo dimissionario che lava in pubblico i panni sporchi dell’affare dei due marò; un assessore –prontamente ‘dimissionato’- che fa sfoggio di turpiloquio anti-casta in un’aula del Parlamento europeo; e, ora, una bacchettata sulle dita e un voto pessimo sulla pagella europea alla giustizia italiana.
“Giù le mani”, tuona la ‘maestra’, la vicepresidente della Commissione europea Viviane Reding, responsabile della giustizia. “Se vogliamo un sistema giudiziario indipendente –dice-, dobbiamo lasciare lavorare i magistrati in modo indipendente". Che si riferisca all'Italia non c’è dubbio: risponde a una domanda sullo scontro in atto da noi tra politica e magistratura.
La Reding, una bella signora lussemburghese, ha una lingua che ti taglia i panni addosso ed è l’elemento più esperto dell’Esecutivo comunitario, l’unica al terzo mandato: una che non ha paura di dire come la pensa, capace di litigare da pari a pari con il presidente francese Nicolas Sarkozy. L’occasione della frecciata all'Italia è la presentazione del primo rapporto Ue sui sistemi giudiziari dei Paesi dell’Unione: l'Italia vi è terz'ultima nella classifica della lunghezza dei processi, seguita solo da Cipro e Malta; ed è anche il Paese dei 27 con il maggior numero di cause civili e commerciali pendenti ogni 100 abitanti, sette, il doppio del Portogallo che la precede.
Va meglio per il ricorso alle comunicazioni elettroniche in ambito giudiziario, o per la destinazione di risorse pubbliche alla giustizia – su entrambi i fronti, l'Italia si colloca a metà della classifica -. Mentre per quanto riguarda la percezione dell'indipendenza dei magistrati, torniamo verso il fondo della graduatoria europea, in 19.a posizione.
Che cosa l’Europa pensasse della giustizia italiana, lo si era già capito dalle sentenze con cui, ripetutamente, la Corte dei diritti dell’uomo di Strasburgo ci condanna per la lunghezza dei processi o per la disumanità del sistema carcerario: ogni verdetto, un colpo all'immagine e pure un salasso alle casse tra multe e indennizzi.
La durata dei procedimenti è uno dei criteri individuati dall'Esecutivo comunitario per valutare l'efficienza dei sistemi giudiziari dei Paesi Ue. In Italia, per risolvere le cause civili e commerciali, ci vuole un tempo medio di 500 giorni.
L'inefficienza della macchina giudiziaria, ha osservato la Reding, "ha un impatto molto negativo sugli investimenti, che non possono aspettare e che devono avere la certezza della legalità". Proprio per questo - ha aggiunto la vicepresidente - la Commissione lavora "a stretto contatto con il governo e con il ministro della Giustizia" Paola Severino, che sono “consapevoli del problema”. La speranza è che lo sia pure il prossimo Esecutivo.
A sottolineare l'importanza dell'autonomia dei giudici, oltre alla Reding, è stato anche Olli Rehn, altro vicepresidente della Commissione, responsabile degli affari finanziari. Per Rehn, finlandese, "un sistema giudiziario di qualità, indipendente ed efficiente, è essenziale per garantire un ambiente favorevole allo sviluppo imprenditoriale".

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