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sabato 18 settembre 2010

Afghanistan: talebani votano col sangue, ucciso un italiano

Scritto per Il Fatto Quotidiano del 18/09/2010

Ancora sangue italiano nella guerra afgana. Un ufficiale delle forze speciali italiane è stato ucciso mentre partecipava a un’operazione contro gli insorti; un soldato semplice è rimasto ferito. I due sono stati raggiunti da tiri d’arma da fuoco cercando di catturare quattro individui che poco prima avevano piazzato un ordigno lungo una strada.

Il tragico episodio è avvenuto nel distretto di Bakwa, nella provincia di Farah, poche ore prima dell’apertura dei seggi per le elezioni politiche. E, la notte, un razzo è stato tirato contro la base italiana di Shindand, a sud di Herat, senza fare vittime.

In mattinata, un Predator, un aereo senza pilota, aveva intercettato terroristi in azione sulla via per Delaram, li aveva seguiti e ne aveva segnalato il covo. E’ scattata la Task Force 45: commandos delle forze speciali, a bordo d’un elicottero Ch47 scortato da due Mangusta, hanno raggiunto il luogo indicato, accolti da tiri forse di Kalashnikov.

Soccorsi, i due militari colpiti sono stati trasportati all'ospedale da campo di Farah. Il tenente Alessandro Romani non ce l’ha fatta. Romani, 36 anni, celibe, del reggimento d’assalto Col Moschin, numerose missioni all’estero, e’ il 30.o caduto italiano in Afghanistan, l’ottavo quest’anno.

Oggi si vota, in un Paese segnato da un conflitto lungo nove anni e che non è mai stato così sanguinoso per le truppe internazionali come quest’anno. Verso
le elezioni, i talebani hanno invitato gli afgani a boicottare le urne e unirsi “alla resistenza” contro gli “invasori”, minacciando attacchi ai seggi e sulle strade –i quattro sorpresi dagli italiani ne stavano preparando uno-. I dati dicono che 10,5 milioni di cittadini possono scegliere fra i circa 2.500 candidati –due, ieri, sono stati vittime di un rapimento- i 249 deputati della Camera. I seggi operativi sono circa 6.000, mentre un migliaio non apriranno per ragioni di sicurezza.

Al voto si arriva in un’atmosfera di scetticismo sull’andamento della guerra e sull’evoluzione socio-politico-economica del Paese. Il responsabile dell’Onu a Kabul Staffam de Mistura è ottimista: “Probabilmente le elezioni saranno più trasparenti delle presidenziali”, il cui risultato fu lungamente contestato. Ma il presidente Hamid Karzai è il primo a smorzare le attese: “Ci saranno irregolarità”, avverte (il ministro della difesa italiano Ignazio La Russa fa spallucce: “I brogli ci sono pure da noi”).

La vigilia del voto doveva essere una giornata del silenzio: la propaganda s’è fermata, ma le operazioni militari sono continuate, con decine di morti (soldati afgani e stranieri, insorti, civili, bambini) nelle ultime 48 ore. Nell’insieme, però, la prima metà di settembre è stata meno cruenta che i tre mesi precedenti: una ventina i caduti finora fra le forze americane e dell’Isaf. I primi otto mesi hanno già fatto del 2010 l’anno più nero per i militari statunitensi in Afghanistan, con 323 caduti al 31 agosto.

Ma basta la morte di un italiano a togliere significato alla relative quiete delle ultime due settimane, frutto forse dello sforzo militare contro talebani e insorti, che, per il comandante del contingente internazionale, il generale Usa David Petraeus, ha ormai raggiunto il massimo dell’intensità, con tutte le unità previste schierate, oltre 130 mila uomini. E può pure darsi che la resistenza tenesse “fuochi d’artificio” in serbo per oggi e per il dopo elezioni.

Non solo l’atteggiamento dei talebani è stato enigmatico, di recente. Karzai ha formalmente creato una commissione per i colloqui con gli insorti, ma ha pure licenziato il procuratore anti-corruzione del suo governo e ha criticato la strategia militare alleata.

Nel contingente italiano, circa 3500 militari, di cui la metà alpini, il livello di attenzione era già massimo: le elezioni sono classificate “potenzialmente ad alto rischio””, nonostante nell’Ovest del Paese mancassero minacce specifiche (ma si muore anche senza).

Il segretario generale della Nato Anders Fogh Rasmussen, ieri in visita a Roma, chiede all’Italia, come ha appena fatto con la Spagna, più istruttori militari per le truppe afgane, che non sono al momento capaci di garantire la sicurezza del loro Paese. Nè il premier Berlusconi né il ministro La Russa hanno detto no, prima che iniziasse la litania delle condoglianze e l’incrocio delle accuse.

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