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mercoledì 13 aprile 2011

Immigrazione: Ue e Italia un po' più vicine, ma sono parole

Scritto per Il Fatto Quotidiano del 13/04/2011

Il giorno dopo il naufragio dell’Italia in Europa, con il ministro dell’interno Maroni pronto ad abbandonare il barcone dell’Ue e gettarsi nel mare del ‘fai-da-te’ della globalizzazione, i toni della polemica tra Roma e Bruxelles s’acquetano un po’, grazie, soprattutto, al presidente della Commissione europea Josè Manuel Barroso: una telefonata al premier Berlusconi, che è amico suo –ma di chi non lo è, il Silvio nostro?- e una missione in Tunisia, a promettere ulteriori aiuti, ma anche a pretendere “impegni precisi”: “Ci aspettiamo –dice- che la Tunisia accetti in modo forte e chiaro il rimpatrio dei propri cittadini che sono giunti in Europa in maniera irregolare”.

Cosi’, il ministro degli esteri Frattini promuove Barroso –«E’ esattamente quello che l’Italia chiede»- e corregge Maroni: «Non credo abbia detto che dobbiamo lasciare l’Europa. Ha espresso una forte delusione in un momento d’ira che si puo’ capire». Maroni stesso fa marcia indietro, dopo il «meglio soli che male accompagnati»: dichiara apprezzamento per la Commissione di Baroso e se la prende con gli Stati. Frattini incalza: «Sono mancati gli Stati membri, è mancato il Consiglio Ue. Noi vogliamo che la Commissione sia più forte ».

Il lunedi’ in cui l’Europa ha scritto « una brutta pagina della sua storia » -parole d’Alfano, un altro ministro che incrocia a Lussemburgo in queste convulse 48 ore UE- è già acqua passata? Ci pensa il leader della Lega Bossi a rinfocolare la polemica: l’Europa è un problema, dice, e gli immigrati devono andarsene tutti fuori dai piedi.

Frattini prova a tamponare l’ennesima falla in un governo che va avanti sotto la linea di galleggiamento: «Abbiamo una direttiva rimpatri, che stabilisce che i rifugiati possono restare, mentre i clandestini devono tornare ai Paesi d’origine». Ma è come cercare di gettare fuori con un secchio l’acqua dal Titanic: i primi a violare la direttiva sono gli italiani con i permessi temporanei che volevano solo essere un lasciapassare per la Francia –e poi se la sbrighino là, con questi tunisini che hanno tutti un cugino tra Marsiglia e Parigi-. Frattini si risente: « Non abbiamo scaricato nessun emigrante su nessun Paese». Ma l’impressione a Parigi, e anche a Berlino, è diversa.

In attesa del nuovo appuntamento europeo il 12 maggio, tutti ora condividono che ci vuole «un approccio europeo» all’emergenza innescata dal ‘domino dei satrapi’ nel Nord Africa e accresciuta dalla guerra in Libia. Il problema è che manca l’accordo su quale debba essere l’approccio europeo. Frattini invita a tenere «i nervi saldi», risconosce che l’Ue è per l’Italia «una straordinaria opportunità», ammette che «senza l’Europa l’Italia sarebbe troppo piccola», ma denuncia le carenze dell’Ue, che avrebbe dovuto negoziare lei con Tunisi, e chiosa l’invito del presidente Napolitano «a non giocare con l’Europa»: «Non bisogna giocare con l’Europa, ma neppure con gli interessi dell’Italia in Europa».

Paiono quasi discorsi di buon senso. Poi arriva il vice-ministro leghista Castelli, che, prima a Porta a Porta, poi alla radio, sostiene che se la Padania fosse indipendente mai e poi mai si prenderebbe gli immigrati di Lampedusa –e allora perchè avercela con la Francia che fa proprio cosi’ ?- e poi sostiene che «le violenze degli immigrati, che potrebbero diventare milioni nel corso del tempo, potrebbero obbligare le autorità ad usare le armi». E’ l’Europa di Lepanto che torna. Ma di quella non si sente il bisogno.

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