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martedì 26 aprile 2011

Siria: è strage continua, Onu e Usa battono un colpo

Scritto per Il Fatto Quotidiano del 26/04/2011

Dopo cinque settimane di repressione sanguinosa e almeno 400 vittime, la Siria esce dal cono d’ombra, un mix di timore e d’indifferenza, in cui l’Occidente l’ha pavidamente confinata. Le ennesime stragi, a Daraa, culla del movimento anti-regime, e altrove smuovono l’inerzia della comunità internazionale, che finora guardava alla Siria come a una Budapest 1956 o a una Praga 1968: condanne e deprecazioni, ma di muovere un dito neppure l’ombra di un’intenzione. Vero, però, che la Siria è crocevia cruciale delle tensioni mediorientali, snodo non solo geografico tra Israele, Libano, Giordania, Turchia e Iraq e raccordo tra l’Iran e il Mondo arabo.

Quattro paesi europei del Consiglio di Sicurezza dell’Onu - Gran Bretagna, Francia, Germania e Portogallo - fanno circolare al Palazzo di Vetro una bozza di condanna della repressione in Siria. Resta però da vedere se Russia e Cina avalleranno il testo, che invita alla moderazione le autorità di Damasco.

E gli Stati Uniti stanno esaminando "sanzioni mirate" contro il governo siriano: “La brutale violenza del regime siriano contro il suo popolo è assolutamente deplorevole", dice il portavoce della Casa Bianca Tommy Vietor. Washington valuta “una gamma di possibili opzioni, per sottolineare che questa condotta non è accettabile".

Parole forti, che, però, non paiono impressionare il presidente Bachir al-Assad e il suo governo, che, nel giorno in cui cessa lo stato d’assedio in vigore da quasi 50 anni, chiudono la frontiera con la Giordania e fanno vittime a Daraa -25 morti, secondo fonti della protesta-, e altrove. La spirale della tragedia è rituale: proteste, repressione, vittime; e, poi, ai funerali, nuove proteste, ancora repressione, altre vittime (un centinaio, da venerdì a oggi).

Questa volta, però, il regime compie un’escalation: a Daraa, intervengono 3mila soldati con carri armati, mentre le forze di sicurezza fanno retate d’arresti. E’ l’opzione militare per stroncare una ribellione senza precedenti, che scuote il Paese dalla metà di marzo. Obiettivo dichiarato, sventare la nascita di un Emirato islamico.

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