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sabato 9 aprile 2011

Libia: la Nato fa fuoco amico sui ribelli e sull'Italia

Scritto per Il Fatto Quotidiano del 09/04/2011

Sul fronte libico, gli alleati mettono l’Italia sotto pressione. E gli insorti ce l’hanno con la Nato. Guerre di parole, mentre, sul terreno, si combatte, come sempre, a Misurata e ad Ajdbiya. L’Alleanza non si scusa coi ribelli per il fuoco amico su Brega, che avrebbe fatto 13 vittime giovedì: «Dall’alto, è impossibile distinguere i mezzi in movimento e loro non ci avevano avvertito che avevano carrarmati», dice l’ammiraglio Russel Harding, britannico. Ma il segretario generale Nato Anders Fogh Rasmussen lima la rudezza dei militari, esprimendo rammarico per quanto avvenuto: «E’ stato un incidente -afferma-: in Libia, stiamo operando per proteggere i civili e attacchiamo dispositivi che possono essere usati contro i civili».

Harding, vice-comandante dell’operazione Unified Protector, giudica la situazione militare « fluida » e non di stallo, come aveva fatto ieri il comandante Usa per l’Africa, generale Carter Ham. In stallo sembrano, in queste ore, le trattative, che, pero’, magari, proseguono discrete, mentre le sortite pubbliche -ultima, quella del premier turco Recep Tayyip Erdogan- fanno tutte flop, finora.

Intanto, l’Italia subisce il pressing di alleati e insorti per partecipare attivamente ai bombarmenti. Eppure, il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi aveva proclamato che «i nostri Tornado non hanno sparato e non spareranno». Le pressioni ci sono e la Farnesina le ammette: «Sarà il governo a decidere» sulle richieste della Nato e dei ribelli di un rafforzamzento della missione militare, spiega il portavoce del ministero degli Esteri Maurizio Massari. C'è la disponibilità a prevedere la messa a disposizione di uomini e di mezzi per quella che si prefigura come la 'fase 2' della missione atlantica. Le valutazioni saranno fatte con gli alleati, in base al principio di ‘burden sharing’, cioè di ripartizione degli oneri, atteso che « l’Italia ha già fatto la sua parte e continuerà a farla».

Le aspettative dell’Alleanza sono state ribadite al ministro Frattini dal Rasmussen, in una telefonata giovedi’, dopo che il capo della diplomazia italiana aveva visto a Washington il segretario di Stato usa Hillary Clinton. Il tema forse e' emerso anche in quel colloquio, che sui media internazionali ha avuto pochissima eco -Afp e Reuters si sono limitati a citarlo in un inciso dei loro servizi-.

Analoghe aspettative sono state espresse dal ‘ministro degli esteri’ dei ribelli al Isawi al diplomatico che rappresenta l’Italia a Bengasi Guido De Sanctis: gli insorti insistono per un’attuazione più efficace della risoluzione 1973 delle Nazioni Unite. Ma per l’Italia «armare l’opposizione libica va considerata una extrema ratio» , una volta sfruttata al massimo» il testo dellOnu, che non lo prevede.

La prossima settimana, gli sviluppi della crisi libica saranno discussi il 13 in Qatar dal Gruppo di Contatto e il 14 e 15 a Berlino, dal Consiglio atlantico, a livello di ministri degli esteri. Prima di questi eventi, martedì, il presidente del Consiglio nazionale transitorio (Cnt) libico Mustafa Abdel Jalil sarà a Roma: vedra' Frattini e avra' forse incontri "al massimo livello" e un passaggio in Parlamento. La visita di Jalil è frutto del riconoscimento, da parte dell’Italia, del Cnt come «unico interlocutore» libico. E Roma spinge, con Pasrigi e Madrid, perche' un rappresentante del Cnt sia presente alla riunione, lunedi’, a Lussemburgo , del Consiglio dei ministri degli Esteri dei 27.

E ieri il Consiglio di Bengasi ha fornito, per la prima volta, una stima dei morti della guerra: almeno 10 mila vittime. Nel comunicare ai giornalisti il tetro 'conto', il portavoce dei ribelli ha detto che gli insorti continueranno la loro azione per tutto il tempo "che sarà necessario". Sul piano umaitario, 25 libici con gravi ferite e ustioni sono arrivati ieri sera a Milano, portati da Bengasi con un C130: saranno curati in 9 ospedali lombardi.

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