Scritto per Il Fatto Quotidiano del 15/04/2011
La guerra in Libia rischia di intensificare il flusso di migranti verso le coste italiane. Anzi, l’esodo potrebbe essere utilizzato come una sorta di V2 dal regime di Muammar Gheddafi: per calcolo, e anche per ritorsione contro l’Italia, il rais libico potrebbe consentire a oltre 15 mila persone originarie dal Corno d'Africa, dal Ciad e dall'Africa sub-sahariana e finora detenute in centri-lager, di salpare dalle coste libiche, mentre finora li teneva bloccati nel quadro del Trattato di Amicizia tra Tripoli e Roma. Il regime non ha più né l’interesse né la volontà, e forse neppure la capacità, d’impedire i traffici d’uomini verso l’Italia.
L’indicazione esce dall’audizione del direttore dell’Aisi, Giorgio Piccirillo, di fronte al Copasir. Porto di partenza sarebbe Zuwarah, circa 120 km da Tripoli, sotto il controllo del regime. L’intelligence italiana esclude, per ora, la presenza di terroristi fra gli immigrati giunti in Italia, senza però essere certa che Gheddafi non ne infiltri in futuro, specie in provenienza dal Sudan.
Il rapporto dell’Aisi alimenta i timori sull’impatto per l’Italia della guerra in Libia, dei cui sviluppi s’è discusso, ieri, al Cairo e a Berlino, in ennesime consultazioni diplomatiche multilaterali. A Berlino, i ministri degli esteri dell’Alleanza atlantica si sono impegnati “a fare tutto il possibile” per proteggere i civili dalle truppe di Gheddafi, la cui caduta è ormai obiettivo condiviso della Nato e dei ribelli, ma non sono riusciti a trovare gli aerei supplementari necessari per portare avanti con efficacia la missione ‘Unified Protector’ (almeno 2000 le missioni effettuate dal 31 Marzo).
I comandi alleati chiedono una decina di aerei d’attacco al suolo in più e Gran Bretagna, Francia e Danimarca, tre dei sei Paesi i cui aerei compiono attacchi, premono sui partner. Ma gli Stati Uniti, dopo i primi giorni, restano ai margini dell’azione. Spagna e l’Olanda danno aerei per il controllo dello spazio aereo, i Tornado italiani si limitano a individuare degli obiettivi. Il ministro degli esteri Franco Frattini ha spiegato la “riluttanza” italiana a compiere raid aerei “per l’impatto che potrebbe avere l’uccisione di civili, per quanto non voluta, da parte di un velivolo italiano”, considerati i trascorsi coloniali. Se il governo dovesse cambiare orientamento, “ne informeremo il Parlamento”.
Il Consiglio atlantico fa proprio l’invito a Gheddafi a ritirarsi lanciato dal Gruppo di Contatto riunito a Doha mercoledì –è la prima volta che la Nato si pronuncia con tanta chiarezza in tal senso- e sintetizza in tre punti gli obiettivi dell’azione militare: gli attacchi contro i civili devono cessare; i militari libici devono rientrare nelle loro caserme e ritirarsi dalle città che stanno assediando; e gli aiuti umanitari devono potere essere distribuiti in sicurezza.
Dal consulto al Cairo, fra Lega araba, Conferenza islamica e Unione africana, con Onu e Ue, parte un appello a una soluzione “politica” e a un cessate-il-fuoco “immediato”. Lady Ashton, ‘ministro degli esteri’ europeo, dice che Gheddafi “deve lasciare il potere immediatamente”: le parti devono dialogare e avviare una fase di transizione, senza escludere lo spiegamento di una forza d’interposizione internazionale. Al Cairo, una soluzione militare appare esclusa: fornire le armi all’una o all’altra parte –viene detto- significa solo accrescere le distruzioni.
Dalla Libia, giungono consuete notizie di combattimenti letali, ma inconcludenti. Aerei Nato sorvolano Tripoli, dove si odono esplosioni e tiri di contraerea e dove ci sarebbero vittime –ma ciò non impedisce a Gheddafi di mostrarsi di nuovo in mezzo alla sua gente-, mentre bombardamenti colpiscono Misurata, facendo una dozzina di morti e decine di feriti, e scambi di tiri si verificano ad Ajdabyya. I portavoce dei ribelli a Berlino denunciano 250 morti in due settimane a Misurata: cifre per smuovere le riluttanze degli alleati a bombardare di più e ad armare gli insorti.
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento