Scritto per Il Fatto Quotidiano del 24/04/2011
Ancora una volta, in Siria, seguendo un rituale tragico e ormai consolidato, a un venerdì di proteste e di morte segue un sabato di funerali insanguinati: almeno 13 persone –ma il bilancio è incerto e provvisorio- sono state uccise ieri da colpi d’arma da fuoco in diverse città, mentre partecipavano alle esequie delle vittime della repressione delle manifestazioni contro il regime del presidente Bachar al-Assad.
Gli incidenti di venerdì avrebbero fatto, secondo fonti della protesta ufficialmente non confermate, oltre 110 morti, fra cui due bambini. Peggio del 23 marzo, quando ci furono un centinaio di morti. La mappa delle uccisioni di ieri vede tre vittime a Damasco, 5 a Douma -poco a nord della capitale- e 5 a Deraa -un centinaio di km a sud-. Due deputati dell’area di Deraa, dove il movimento di protesta è nato ed è più forte, hanno annunciato le loro dimissioni.
La crisi della Siria richiama l’attenzione circospetta della comunità internazionale, che si muove, qui, con molta più prudenza che in Libia. Da Washington a Bruxelles, come dal Palazzo di Vetro dell’Onu, vengono espressioni d’indignazione e inviti al regime a cessare di ricorrere alla violenza contro i manifestanti. Ma i Paesi arabi tacciono. E gli Occidentali non hanno alcuna intenzione d’internazionalizzare questo conflitto, com’è invece avvenuto in Libia: un intervento potrebbe riaccendere il conflitto arabo-israeliano e mettere del tutto fuori controllo il ‘domino dei satrapi’.
Il fatto è che la Siria è Paese più cruciale della Libia negli assetti mediorientali: ancora in conflitto con Israele per le alture del Golan; influente in Libano; legata a vario titolo ad Iran, Iraq e Turchia. Il presidente statunitense Barack Obama giudica “ripugnante” il ricorso alla violenza del regime e accusa Damasco di cercare l’appoggio di Teheran per attuare la repressione. La Siria replica esprimendo “rammarico” per dichiarazioni –dice- “non basate su una visione oggettiva dei fatti”. E l’Iran nega ogni ingerenza. La Farnesina condanna la violenza e mostra “estrema preoccupazione”. La Russia invita Damasco, con cui ha da tempo stretti legami, ad accelerare le riforme. In Israele, il governo tace, ma la preoccupazione è palpabile.
La versione ufficiale è che le forze dell’ordine sono intervenute venerdì con lacrimogeni e cannoni ad acqua solo per impedire scontri fra “manifestanti e cittadini” e per proteggere “beni privati”. Sarebbero pure state sequestrate ai contestatori “bottiglie di sangue”. L’agenzia siriana Sana registra ‘solo’ dieci morti, fra cui almeno due elementi delle forze di sicurezza uccisi “da tiri di gruppi criminali armati”. Secondo Amnesty International, dall’inizio delle proteste, il 15 marzo, le vittime in Siria sono state oltre 310.
E’ chiaro che le misure finora prese dal regime per arginare la protesta, avvicendamenti al governo e levata dello stato d’assedio, sono insufficienti. E, infatti, il Venerdì santo, come l’ha definito l’opposizione, ha visto una mobilitazione senza precedenti: decine di migliaia di persone a sfidare al-Assad nelle strade.
domenica 24 aprile 2011
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200 bambini vittime di abusi sessuali a Bengasi. Rivolta di massa a Tobruk e Bengasi contro i ribelli. Vedi:
RispondiEliminahttp://aims.selfip.org/~alKvc74FbC8z2llzuHa9/default_libia.htm