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giovedì 21 aprile 2011

Libia: l'Italia fa un passo in avanti verso prima linea

Scritto per Il Fatto Quotidiano del 21/04/2011

L’Italia fa un passo in avanti, verso la prima linea del conflitto libico: il governo, i cui aerei non partecipano agli attacchi della Nato per via del passato coloniale, s’impegna, insieme a quello britannico, a fornire agli insorti istruttori militari, una decina per ora. L’annuncio è del ministro della difesa Ignazio La Russa, dopo un incontro a Roma con il collega britannico Liam Fox. La Russa ribadisce il no ad azioni sul terreno e nega che l’Italia stia fornendo armi agli insorti, ma insiste che la Nato deve fare di più per aiutare gli insorti: «Senza un’azione militare forte, difficilmente Gheddafi lascerà il potere: bisogna quindi spingere al massimo l’intervento, nei limiti della risoluzione dell’Onu». Intanto, l’Ue continua a interrogarsi sull’opportunità di dare protezione, o almeno assistenza logistica, militare, se necessaria, alle operazioni umanitarie.

Il capo di Stato Maggiore della Difesa, generale Biagio Abrate, considera l’invio degli istruttori «un primo passo»: serviranno ad addestrare i ribelli a contrastare un esercito di professionisti com’è quello di Gheddafi. La Casa Bianca approva la decisione: «Bene l’invio di consiglieri da parte degli alleati. Noi non prevediamo di farlo», dice il portavoce Jay Carney. La posizione defilata degli Stati Uniti in questo conflitto sembrerebbe confermarsi, ma il Washington Times scrive che sarebbero pronti 25 milioni di dollari di aiuti militari agli insorti.

Intanto, il capo del Consiglio nazionale transitorio (Cnt) libico Mustafa Abdel Jalil raccoglie i frutti della sua diplomazia itinerante: lunedi’ a Roma, ieri a Parigi, dove il presidente francese Nikolas Sarkozy lo riceve all’Eliseo e gli promette raid più efficaci e maggiori aiuti. Jalil, che a Roma ha mostrato una maggiore discrezione rispetto a Gheddafi, tranquillizza gli interlocutori su energia e rapporti economici, ma chiede contropartite. E il regime gli dà un assist, mostrando, con lo sbarco di lunedi’ di 760 profughi a Lampedusa, di essere pronto a usare i rifugiati come un’arma contro l’Italia e l’Europa: «Tranquilli, noi bloccheremo l’esodo», assicura Jalil.

A Parigi, Ali al-Issawi, il ‘ministro degli esteri’ del Cnt, ostenta «fiducia che alla fine vinceremo»: «Speriamo in maggiori aiuti da parte di Italia, Francia e Gran Bretagna», perchè entiamo in una fase in cui abbiamo bisogno di appoggio militare, armi e consigli tecnici».

L’accelerazione militare italo-britannica avviene proprio mentre la diplomazia pare frenare sull’uscita di scena di Gheddafi. Una fonte di rango dell’Ue dice ai giornalisti che l’abbandono del potere da parte del colonnello resta irrinunciabile, ma non è più considerata una condizione preliminare al cessate-il-fuoco- e all’inizio dei negoziati sulla transizione. Del resto, il ministro degli esteri Franco Frattini conferma che Gheddafi deve «lasciare la scena», ma trovando magari rifugio in un Paese disposto ad accoglierlo. Il lavoro della diplomazia, con un intreccio di riunioni multilaterali e incontri bilaterali –La Russa è pure stato a Washington-, ha prodotto in questi giorni diverse ‘road map’ verso la riconciliazione e la pace, ma nessuna è stata finora accettata dai ribelli e da Gheddafi. Su un punto insorti e regime sono pero’ d’accordo, per ora: l’indivisibilità della Libia.

Nella frenesia dei contatti, colpisce la discrezione del presidente del Consiglio, che non ne è certo campione : oggi, ha avuto una telefonata con il premier britannico David Cameron, poche righe di una nota di Palazzo Chigi. Forse, Berlusconi sente nelle ali il piombo dell’amicizia con Gheddafi e lascia spazio a Frattini e La Russa, che puntano, soprattutto, a consolidare il rapporto con Washington, incline a lasciare giocare agli alleati europei la partita libica. Ma il Cavaliere potrebbe, invece, cercare di riscattare la familiarità con il Colonnello cercando di convincerlo a lasciare il potere e a farsi da parte.

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