Scritto per Il Fatto Quotidiano del 14/04/2011
Una mattina mi son svegliato che l’Italia di Mr B e di Bossi, di Frattini e di Maroni era fuori dall’Europa, perchè –dice il leghista- “meglio soli che male accompagnati”. A dire la verità io, quando sto con un francese e con un tedesco, o con uno spagnolo, persino con un inglese, che con gli europei fa lo schizzinoso, mica mi sento male accompagnato (loro, magari, si’, ma questo è un altro discorso). E, comunque, sono proprio curioso, io che sto a Bruxelles, di andarla a scoprire, quest’Italia fuori dall’Ue.
Come sempre, prendo il taxi per l’aeroporto in extremis, tanto non c’è mai fila. Giusto il tempo di notare, davanti ai palazzi delle istituzioni comunitarie, che la bandiera dell’Italia è stata ammainata: su quel pennone, presto salirà quella islandese, che cade proprio li’ nell’ordine alfabetico. Mi fa strano, ma poco male: a me, che mi cambia?
Arrivo a Zaventem, aeroporto di Bruxelles. Il volo per Roma non parte dal solito gate, ma da un altro terminal. E subito mi trovo in una fila caotica, lunga come da anni non ne vedevo: gente di tutto il Mondo; mancano solo europei –appunto- e americani, chè quelli hanno un terminal ‘post 11 Settembre’ tutto per loro. Che è ‘sta novità?, mi chiedo già nervoso. Mi presento al gabbiotto dei controlli: «Passaporto, prego». Tiro fuori la carta d’identità: per evitare di perderlo, il passaporto lo prendo solo quando vado in America o fuori d’Europa. “Monsieur, Signore, ci vuole il passaporto». Ma come?, da quando?, perchè?, la libera circolazione, le frontiere abolite. «Oui, Monsieur, ma l’Italia non è più nell’Ue».
Faccio il diavolo a quattro, spiego che sono italiano e che ero uscito dall’Italia prima che avvenisse la secessione e che il mio passaporto è rimasto a Roma. Un gendarme più flessibile della media mi lascia passare. Salgo sull’aereo: il giornale, un caffé, adesso mi rilasso… Sto giusto per appisolarmi, anzi mi sono appena appisolato, che la mano della hostess mi scuote la spalla: “Monsieur, Signore, i documenti di sbarco da compilare ». Ma che, le sembro un tunisino?, o un ucraino? « Mais non Monsieur, lei è italiano: l’ho capito dal giornale che legge. Ma, come tutti gli extra-comunitari, deve compilarci i documenti di sbarco».
Extra-comunitario a me? Sono decisamente nervoso. Compilo i moduli, sbarco a Roma, vado a prendere il trenino, infilo i miei euro contati nella macchinetta dei biglietti. Me li rifiuta. Non scherziamo, sono buoni, mica falsi… “Guardi che non valgono più –mi avverte una ragazzina, impaziente che le liberi la macchinetta-: abbiamo queste cose qui, le lire» -lei, evidentemente, non le aveva mai viste prima-. Sempre più scocciato, vado a cambiare, compro il biglietto, salgo sul trenino. E penso che questa storia di essere fuori dall’Europa è una bella complicazione: Schengen, che ci fa andare ovunque senza intralci; l’euro, che ci attenua le impennate del petrolio e che ha ancorato le nostre banche nella crisi finanziaria; il mercato unico che fa girare le nostre merci senza dazi in un mercato da 450 milioni di consumatori e che fa tanto gioco alla nostra industria; i fondi per le regioni del Sud e per i programmi sociali, la politica agricola che ci tiene un po’ al riparo dalla globalizzazione agro-alimentare…
Alla stazione, mi aspetta mio figlio: ha l’aria d’un cane bastonato. Perchè arrivo io? «Ma no, Papà». E allora, non sei contento, stai per andare a Barcellona con l’Erasmus. Mi guarda malissimo: “Niente Erasmus, finito”. Eh già, è un programma dell’Unione. Dai, ti porto al cinema, a vedere il film di cui avevamo tanto sentito parlare e che ora sarà uscito. “Non l’hanno più fatto: era finanziato dai fondi Media”, un programma dell’Unione. Sai che ti dic?, mi sono stufato, torno a Bruxelles e tu vieni con me. «Ci vuole il visto e sono contingentati », con tutti gli extra-comunitari che vogliono entrare nell’Ue. Già. E noi perchè ne siamo usciti?, che 50 e più anni di pace e stabilità non li avevamo mai avuti… Un incubo! Ridatemi De Gasperi e Spinelli, Andreotti e Ciampi, Schengen e l’euro; riportatemi in Europa; anzi, lasciatemici.
giovedì 14 aprile 2011
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