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martedì 26 aprile 2011

Libia: Italia, sì alle bombe, ma la Lega dice no

Scritto per Il Fatto Quotidiano del 26/04/2011

Al 40.o giorno d’una guerra incompiuta e finora inutile, l’Italia di Berlusconi esce di quaresima e dice sì all’Alleanza atlantica e agli Stati Uniti: “Parteciperemo con i nostri aerei ad azioni mirate”, dice il premier ad Obama, in una lunga telefonata. Poi Berlusconi chiama il segretario dell’Alleanza Rasmussen e il premier britannico Cameron, mentre al presidente francese Sarkozy lo dirà di persona oggi al Vertice italo-francese. Il presidente Napolitano viene informato poco prima che Palazzo Chigi pubblichi il suo comunicato. Quanto al Parlamento, i ministri degli esteri e della difesa Frattini e La Russa sono pronti a riferire alle commissioni congiunte Esteri/Difesa.

“I nostri Tornado non hanno bombardato e non bombarderanno mai”, aveva detto, all’inizio del conflitto, Mr B. Dichiarazioni scritte, come tante, sulla sabbia del deserto libico. A ricordarsene, però, non è l’opposizione: sono i leghisti. Se i ‘finiani’ plaudono alla fine d’una politica estera ambigua –dice Bocchino-, il ministro Calderoli, che, se fosse per lui, tirerebbe via i soldati dal Libano per proteggere le frontiere dagli immigrati, altro che mandarli in Libia, è contrarissimo: “Se questo vuol dire bombardare, non se ne parla. Il mio voto non l’avranno mai. Ero e resto contrario a qualsiasi ulteriore intervento in Libia, rispetto a quello che abbiamo già fatto”. Bocchino ci va a nozze e rilancia: “La posizione della Lega apre la crisi di governo”.

Frattini, che presto andrà a Bengasi, tampona: “I raid –dice- sono una risposta alle richieste degli insorti”. La Russa calmiera: “Bombardiamo, si’, ma i nostri “non saranno bombardamenti indiscriminati”, bensì “missioni con missili di precisione su obiettivi specifici”, evitando “ogni rischio di colpire la popolazione civile”. Peccato che la cronaca della giornata mostri che la Nato non si limita proprio ad operazioni chirurgiche: mentre il regime libico scopre il bluff su Misurata, che torna a essere l’epicentro di bombardamenti e combattimenti con decine di vittime, gli aerei alleati distruggono a Tripoli un bunker del Colonnello, in quello che il regime definisce “un tentativo di assassinio”, e un centro di telecomunicazioni usato per attacchi contro civili. E’ festa, invece, in Sicilia: è rientrato ad Augusta il rimorchiatore Asso22, sequestrato per un mese in Libia –tutti sani e salvi a bordo-.

Ora, che cos’è cambiato, dopo che per settimane ci raccontavano che noi in Libia non potevamo bombardare per il passato coloniale e per i rischi di ritorsione? La Russa dice che, bombardare o meno, i rischi sono gli stessi: “prima avevamo un ruolo in squadra, ora ne abbiamo un altro”, dunque non cambia nulla; prima giocavamo all’ala, ora facciamo il centrattacco, quello che prende più botte. E come ci siamo arrivati? Dopo giorni di riflessione, perché “la situazione a Misurata è diventata terribile” –e gli alleati ci premevano addosso-.

La questione sarà centrale, oggi, a Roma, nel Vertice Berlusconi-Sarkozy, con codazzo di ministri. La Francia faceva la ruota della sua leadership nell’impegno militare in Libia; e ora ci possiamo pavoneggiare pure noi. Certo, resta la questione degli immigrati dalla Tunisia, del rispetto delle norme di Schengen, della ricerca di una politica dell’immigrazione europea, dopo che il Papa a Pasqua ha invitato ad accogliere cono solidarietà i profughi dall’Africa e ha chiesto che in Libia la diplomazia prevalga sulle armi. Ma una bomba su Tripoli val bene un barcone a Lampedusa.

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