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venerdì 1 aprile 2011

Libia: Gheddafi perde i pezzi, ma avanza sul terreno

Scritto per Il Fatto Quotidiano del 01/04/2011

Muammar Gheddafi muove e avanza, sul campo di battaglia. Sul terreno della diplomazia, invece, il colonnello dittatore perde i pezzi: le defezioni minacciano di diventare un’emorragia. Anche se l’accoglienza riservata a Londra al ministro degli esteri transfuga Mussa Kussa potrebbe innescare ripensamenti fra chi progetta di cambiare schieramento.

Come previsto, dalle 06.00 gmt di ieri, le 7 del mattino in Italia, la Nato ha preso il comando di tutte le operazioni militari. E l’Alleanza deve subito fare i conti con i ‘danni collaterali’, le vittime civili, che non mancano neppure in questo conflitto: quaranta persone, uomini, donne, bambini, sarebbero state vittime a Tripoli di bombe e missili. La denuncia è del vescovo della capitale. Il comandante della missione ‘Unified Protector’, il generale canadese Charles Bouchard, promette d’indagare, mentre il Foreign Office aggiorna le stime delle perdite del conflitto: oltre mille, tra regolari e insorti.

Mussa Kussa, una delle figure di punta del regime, abituale interlocutore del ministro Frattini, è arrivato a Londra mercoledì notte. “le sue dimissioni mostrano che il regime di Gheddafi, che ha già subito defezioni significative –e altre sarebbero imminenti, ndr- è diviso e sta implodendo”, afferma il ministro degli esteri britannico William Hague. E i ribelli pensano che la scelta di Mussa Kussa mostra che “il regime di sta squagliando”. Un altro ex ministro, dell’immigrazione, Ali Errishi, che se n’era andato proprio all’inizio dell’insurrezione, dice che Gheddafi può contare ormai soltanto sulla sua famiglia.

La Gran Bretagna non intende offrire immunità di sorta all’ormai ex ministro degli esteri libico: Mussa Kussa, 59 anni, prima di diventare ministro nel 2009, era stato per 15 anni capo dei servizi segreti libici ed era stato protagonista della riammissione di Tripoli nella comunità internazionale, ‘barattata’, nel 2003, con la rinuncia a improbabili piani nucleari e per armi di distruzione di massa. L’ex ministro resta ora esposto alla giustizia scozzese, che lo vuole sentire sulla strage di Lockerbie, l’esplosione in volo d’un aereo della PanAm nei cieli della Scozia -259 vittime nel dicembre 1988-, attuata da agenti segreti libici: molti sospettano che Mussa Kussa sia stato il cervello dell’attentato.

La prima giornata di comando Nato è stata fitta di missioni e azioni. Ma il capo di Stato Maggiore americano, l’ammiraglio Mike Mullen, ritiene che le forze armate libiche non siano ancora giunte “al punto di rottura”, anche se un quarto di esse sarebbero state messe fuori combattimento dai raid e dai missili. Il segretario generale dell’Alleanza atlantica Anders Fogh Rasmussen è contrario all’idea di armare i ribelli, perché –spiega- la Nato interviene “per proteggere il popolo libico, non per armarlo”.

Ma Stati Uniti , Gran Bretagna e Francia s’interrogano sul da farsi, pur ammettendo che la consegna d’armi ai ribelli “non è compatibile” con la risoluzione dell’Onu che autorizza l’uso della forza, e ben sapendo che essa è osteggiata da Russia e Cina –il cinese Hu ha ‘bacchettato’ il francese Sarkozy in visita a Pechino- e anche da molti Paesi alleati. Il premier turco Recep Tayyip Erdogan, in visita a Londra, la definisce "inappropriata", senza imbarazzarsi della presenza al suo fianco del premier britannico David Cameron.

Il presidente statunitense Barack Obama cerca di consolidare il consenso intorno all’azione alleata, in Congresso, dove preoccupano i costi dell’operazione, già superiori al mezzo miliardo di dollari, e con contatti diretti. La scorsa notte, ha chiamato al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, per ringraziarlo del contributo italiano. Non è la prima volta che, in modo un po’ irrituale, Obama sceglie come interlocutore Napolitano, invece di Berlusconi, sempre silenzioso nella vicenda libica. Parla la Farnesina: “Gheddafi è finito, noi giriamo pagina, non abbiamo più contatti con il regime”. Lunedì sarà a Roma il responsabile dei ribelli per la politica estera Ali al Isawi.

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