Scritto per Il fatto Quotidiano del 08/04/2011
La Nato non riesce a tirarsi fuori dalle sabbie della Libia: i raid alleati fanno vittime fra gli insorti e i civili a Brega e non riescono a sbloccare la situazione sul terreno, mentre migliaia di ribelli e civili fuggono da Ajdabiya verso Bengasi nel timore d’un’avanzata dei lealisti. Al quartier generale atlantico di Bruxelles si ammette che il momento è critico (e a Parigi si parla di «situazione complessa»), a causa da una parte dei limiti fissati all’intervento militare dalla risoluzione Onu e dall’altra della disorganizzazione dei ribelli che, male armati, non riescono a prevalere sulla resistenza opposta dal regime di Muammar Gheddafi. L’esempio più efficace dell’impotenza alleata è l’incapacità di porre un termine al martirio della città di Misurata, circondata da quasi un mese e mezzo dalle truppe del colonnello dittatore.
Nessuno, oggi, sa prevedere quando dovrà durare l’operazione ‘Unified Protector’. Il comandante delle forze Usa per l’Africa, il generale Carter Ham, giudica “debole” la probabilità che i ribelli riescano a rovesciare il regime, malgrado le forze di Gheddafi siano state indebolite, ma non certo annientate, dai tiri alleati. Hillary Clinton, segretario di Stato americano, è conscia che è difficile, con le sole forze aeree, colpire efficacemente i lealisti, che «s’insinuano nelle città» e «mettono cecchini sui tetti».
Sul terreno è lo stallo, nonostante i combattimenti mietano vittime ogni giorno: la Cirenaica è nelle mani dei ribelli; la Tripolitania è ancora controllata dei Gheddafi; e, in mezzo, una linea del fronte che si sposta come un pendolo, mai in modo decisivo. Ma non è che la diplomazia avanzi più rapidamente verso una soluzione. Il presidente Usa Barack Obama non dà seguito alla lettera con cui Gheddafi gli si propone come interlocutore per un dialogo fra leader. L’Italia cerca d’indurre all’esilio il Colonnello e i suoi figli, come dice alla Clinton il ministro degli esteri Franco Frattini in missione a Washington. Roma chiede agli Usa maggiore impegno militare, mentre a Bengasi insorti gridano ‘Viva l’Italia’ e ‘Grazie Italia’.
Il ministro degli esteri francese Alain Juppé annuncia che il Gruppo di Contatto terrà la seconda riunione mercoledì 13 aprile a Doha, in Qatar. E l'ex ministro del petrolio Omar Fathi bin Shatwan abbandona il regime e approda a Malta con un peschereccio.
La cronaca di giornata è segnata di fatti drammatici, ma non decisivi : bombardamenti su Tripoli la scorsa notte; raid Nato letali a Brega; tiri sul terminal petrolifero di Sarir – attribuiti all’Alleanza, che smentisce-; quattro giornalisti scomparsi (un americano, uno spagnolo, due sud-africani). C’è pure il giallo del commando di forze speciali francesi che si sarebbe ‘smarrito’ nel deserto: Parigi nega, anche perchè la risoluzione dell’Onu che autorizza l’uso della forza in Libia esclude l'impiego di truppe di terra.
venerdì 8 aprile 2011
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