Diplomazie al lavoro, in quest’ultimo teso scorcio di 2012,
per stemperare conflitti civili e militari o economici e finanziari: in Siria e
in Egitto; in Africa; negli Stati Uniti. Una fine d’anno di violenze e di
negoziati: guerre, attentati, intolleranze etniche e religiose continuano ad
allungare la striscia di sangue degli ultimi 12 mesi.
A Damasco, l’emissario dell’Onu Lakhdar Brahimi intensifica
i contatti, mentre una delegazione del regime diel presidente al-Assad incontra
a Mosca il ministro degli esteri russo Serguei Lavrov, dopo che la Russia ha
lanciato un duro monito contro l’uso di armi chimiche, specie gas nervino,
contro la popolazione civile.
Per parlare della situazione in Siria, è a Mosca pure il ministro degli esteri egiziano Mohamed Amr,
mentre una delegazione dell’opposizione al regime di Damasco è in Turchia, a
Istanbul. Mosca, dove sabato si recherà anche Brahimi –l’annuncio è recente-, è
in questo momento l’epicentro della diplomazia di pace siriana, dopo che sono
circolate voci di un accordo fra russi e americani per la costituzione di un governo
di transizione a Damasco e la permanenza al potere del presidente al-Assad fino
al termine del suo mandato nel 2014.
Il numero delle vittime nel Paese resta elevato –mercoledì
erano state 118, secondo l’Osservatorio dei diritti dell’uomo. L’Onu calcola
che il numero dei rifugiati possa raddoppiare nei prossimi sei mesi e
raggiungere 1,1 milioni di persone entro giugno, se il conflitto va avanti.
Ci sono nubi anche in Egitto:
il clima politico e sociale resta cupo, dopo che il referendum popolare in due
tappe ha approvato la nuova costituzione voluta dai Fratelli Musulmani e ispirata
alla sharia, la legge islamica. La magistratura indaga sui maggiori leader
dell’opposizione laica e moderata, fra cui gli ex candidati alla presidenza Mohamed
el Baradei, premio Nobel per la Pace e già capo dell’Agenzia dell’Onu per l’energia
atomica, l’Aiea di Vienna, e Amr Moussa, ex ministro degli esteri del Cairo e
segretario generale della Lega araba. Il presidente in carica Mohamed Morsi
s’appresta a un rimpasto di governo per meglio fronteggiare la crisi economica
in cui il Paese si dibatte,
In Africa, venti
di guerra scuotono la Repubblica Centrafricana , dove il presidente François
Bozizé avrebbe perso il controllo del Paese. E, lontano dall’interesse dei
media occidentali, la guerra continua pure nell’Est del Congo, al confine con
il Rwanda.
L’economia e la finanza tengono banco negli Stati Uniti. Il presidente Barack Obama
è di ritorno nella capitale, dopo vacanze di Natale brevi alle Hawaii, per
riprendere i negoziati sul contenzioso su bilancio, fisco, deficit e debito:
l’obiettivo è evitare all’Unione una cura d’austerità forzata dall’inizio di
gennaio, con più tasse per tutti e minori servizi sociali.
Il tetto legale del debito pubblico sarà raggiunto lunedì:
l’Amministrazione democratica prepara misure “eccezionali” per evitare una
rottura dei pagamenti nel pieno delle laboriose trattative con l’opposizione
repubblicana. Se non si trova un’intesa entro fine anno, cioè entro la
mezzanotte del 31, c’è il rischio che il rigore forzato faccia ricadere in
recessione la principale economia mondiale, con conseguenze negative, in
particolare, per un’Europa ancora convalescente dalla crisi..
Fra i grandi vecchi
la cui salute offre motivi d’ansia in questi giorni, l’ex presidente
sudafricano, e simbolo della lotta all’apartheid, Nelson Mandela, ha lasciato
l’ospedale, dopo oltre due settimane di ricovero per un’infezione polmonare, e
potrà proseguire le cure a domicilio Non è stata ancora dimessa, invece,
Margaret Thatcher, ex premier britannico, che ha trascorso Natale in una
clinica dopo avere subito un intervento definito ‘minore’ dal suo staff. Resta ricoverato pure George Bush, le cui
condizioni sono però migliorate, dopo che era stato necessario trasferirlo in
terapia intensiva. E a Cuba continua a
lottare contro il cancro il presidente venezuelano Hugo Chavez.
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