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mercoledì 12 dicembre 2012

Ue: brevetto europeo (quasi) fatto, con schiaffoni a Italia

Scritto per l'Indro l'11/12/2012

L’Italia prende due sonori schiaffoni dall’Ue sul brevetto europeo, per altro ben meritati, e s’avvicina un po’ mogia, per ‘sta storia che il Governo Monti è alle ultime scene, al Vertice europeo di giovedì e venerdì, quello che dovrebbe definire le modalità della nascita dell’Unione bancaria.

In realtà, di schiaffi, l’Italia, tra Strasburgo, dove c’è la sessione plenaria del Parlamento europeo, e Lussemburgo, dove siede la Corte di Giustizia dell’Ue, ne prende un sacco. E quelli che fanno più rumore sulla stampa italiana sono politici, nella scia dell’addio a Monti e del ritorno del Cavaliere. La scena di Oslo, lunedì, in occasione del conferimento del Nobel per la Pace all’Ue, si ripete tale e quale a Strasburgo, dove persino il Ppe, il partito europeo del Pdl, molla il Cavaliere, suscitando clangore di armi e scudi tra ‘voltagabbana’ e ‘pretoriani’.

Ma della passione per Mario dell’Europa e dei suoi leader e dell’avversione per Silvio abbiamo già parlato ieri. Ed ora basta, ché va a finire che tutto il bailamme gioca a favore del ritorno al passato. Vediamo, piuttosto, le cose concrete.

Il brevetto europeo non è cosa da poco: sono vent’anni o giù di lì che se ne parla, senza essere mai riusciti a ‘quagliare’. E, quando poi ci si riesce, succede che proprio l’Italia e la Spagna, l’una e l’altra fra le più europeiste delle Nazioni europee, si tirano indietro per una questione di lingua: infatti, il brevetto europeo nasce trilingue, inglese, francese, tedesco; e Roma e Madrid non ci stanno a sacrificare l’italiano e lo spagnolo. Risultato: gli altri vanno comunque avanti con il meccanismo delle cooperazioni rafforzate; e l’Italia e la Spagna restano indietro e presentano ricorsi.

Ma la pratica arriva fino in fondo: chi è dentro è dentro e chi è fuori è fuori. Oggi, ultimi verdetti, o quasi, perché, nelle vicende comunitarie, già lo abbiamo imparato anche su questa testata, la parola ‘fine’ non è mai detta. A larga maggioranza, il Parlamento ha approva il pacchetto legislativo che, tramite appunto lo strumento della cooperazione rafforzata, decreta la nascita del brevetto unico, senza la partecipazione di Italia e Spagna, che potranno comunque sempre aderire in ogni momento.

Il brevetto unico darà la possibilità di registrare, con un solo atto, le licenze in tutto il territorio Ue: dovrebbe entrare in vigore nel 2014 –quindi, tempo ce n’è ancora-, dopo le necessarie ratifiche, chiudendo così la ricerca, da parte dell’Unione, della possibilità per singoli e imprese di registrare un brevetto senza essere obbligati a farlo in ognuno dei Paesi membri attraverso l'Ufficio europeo dei brevetti, organo non comunitario.

Secondo le stime della Commissione, il brevetto unico consentirà di ridurre le spese di registrazione in modo sostanziale: il costo del brevetto europeo potrà scendere a 980 euro, contro i 1850 in media delle licenze statunitensi e i 12500 necessari oggi per registrare un proprio brevetto in 13 Paesi Ue.

E mentre il Parlamento si pronunciava a Strasburgo, a Lussemburgo l’avvocato generale Yves Bot invitata la Corte di Giustizia dell’Ue a respingere i ricorsi di Italia e Spagna contro il brevetto unico. Nelle sue conclusioni, l’avvocato Bot evidenzia perché la procedura di cooperazione rafforzata risulta essere legittima, contrariamente agli argomenti avanzati da Roma e Madrid.
Pomo della discordia è la decisione del Consiglio dell'Ue del 10 marzo 2011 (2011/167/Ue), con cui 25 Stati membri furono stati autorizzati a procedere in materia con una cooperazione rafforzata. Per tutta risposta, i due Paesi dissenzienti hanno presentato ricorso, chiedendo alla Corte di Giustizia dell’Ue di annullare la decisione del Consiglio.
Secondo quanto riferisce EurActiv, l’avvocato Bot propende  per la legittimità della procedura perché la decisione del Consiglio non costituisce né uno “sviamento di potere” né una “violazione del sistema giurisdizionale”, come invece affermato da Italia e Spagna.
In merito al rischio di presunte distorsioni della libera concorrenza nel mercato unico, l’avvocato nota che la decisione di autorizzare una cooperazione rafforzata ne definisce l’ambito procedurale. Pertanto, la proposta del Consiglio sul regime linguistico del brevetto unico non inficia la validità dell’autorizzazione di una cooperazione rafforzata. La questione dovrà essere affrontata successivamente con un atto separato, adottato all’unanimità dagli Stati membri partecipanti.
In conclusione, Bot ritiene che la valutazione del Consiglio non sia viziata da “errore manifesto”. Anzi, l’istituzione del brevetto unico – per l’avvocato – contribuirà a uno "sviluppo armonioso" dell’Ue, riducendo le disparità esistenti tra Stati membri. Inoltre, il brevetto unico porterà vantaggi e benefici agli operatori economici di vari Paesi, data l’irrilevanza del luogo di origine del richiedente ai fini del suo ottenimento.
Le conclusioni di Bot – sebbene non vincolino la Corte – saranno valutate dai giudici della Corte prima della sentenza finale. All’Italia e alla Spagna non resta che incassare gli schiaffoni e, passato il bruciore, aderire al brevetto unico: le loro imprese lo chiedono fin dall’inizio di questo insensato braccio di ferro linguistico.

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