L’Italia prende due sonori schiaffoni dall’Ue sul brevetto
europeo, per altro ben meritati, e s’avvicina un po’ mogia, per ‘sta storia che
il Governo Monti è alle ultime scene, al Vertice europeo di giovedì e venerdì,
quello che dovrebbe definire le modalità della nascita dell’Unione bancaria.
In realtà, di schiaffi, l’Italia, tra Strasburgo, dove c’è
la sessione plenaria del Parlamento europeo, e Lussemburgo, dove siede la Corte
di Giustizia dell’Ue, ne prende un sacco. E quelli che fanno più rumore sulla
stampa italiana sono politici, nella scia dell’addio a Monti e del ritorno del
Cavaliere. La scena di Oslo, lunedì, in occasione del conferimento del Nobel
per la Pace all’Ue, si ripete tale e quale a Strasburgo, dove persino il Ppe,
il partito europeo del Pdl, molla il Cavaliere, suscitando clangore di armi e
scudi tra ‘voltagabbana’ e ‘pretoriani’.
Ma della passione per Mario dell’Europa e dei suoi leader e
dell’avversione per Silvio abbiamo già parlato ieri. Ed ora basta, ché va a
finire che tutto il bailamme gioca a favore del ritorno al passato. Vediamo,
piuttosto, le cose concrete.
Il brevetto europeo non è cosa da poco: sono vent’anni o giù
di lì che se ne parla, senza essere mai riusciti a ‘quagliare’. E, quando poi
ci si riesce, succede che proprio l’Italia e la Spagna, l’una e l’altra fra le
più europeiste delle Nazioni europee, si tirano indietro per una questione di
lingua: infatti, il brevetto europeo nasce trilingue, inglese, francese,
tedesco; e Roma e Madrid non ci stanno a sacrificare l’italiano e lo spagnolo.
Risultato: gli altri vanno comunque avanti con il meccanismo delle cooperazioni
rafforzate; e l’Italia e la Spagna restano indietro e presentano ricorsi.
Ma la pratica arriva fino in fondo: chi è dentro è dentro e
chi è fuori è fuori. Oggi, ultimi verdetti, o quasi, perché, nelle vicende
comunitarie, già lo abbiamo imparato anche su questa testata, la parola ‘fine’
non è mai detta. A larga maggioranza, il Parlamento ha approva il pacchetto
legislativo che, tramite appunto lo strumento della cooperazione rafforzata,
decreta la nascita del brevetto unico, senza la partecipazione di Italia e
Spagna, che potranno comunque sempre aderire in ogni momento.
Il brevetto unico darà la possibilità di registrare, con un
solo atto, le licenze in tutto il territorio Ue: dovrebbe entrare in vigore nel
2014 –quindi, tempo ce n’è ancora-, dopo le necessarie ratifiche, chiudendo
così la ricerca, da parte dell’Unione, della possibilità per singoli e imprese
di registrare un brevetto senza essere obbligati a farlo in ognuno dei Paesi membri
attraverso l'Ufficio europeo dei brevetti, organo non comunitario.
Secondo le stime della Commissione, il brevetto unico
consentirà di ridurre le spese di registrazione in modo sostanziale: il costo
del brevetto europeo potrà scendere a 980 euro, contro i 1850 in media delle licenze
statunitensi e i 12500 necessari oggi per registrare un proprio brevetto in 13
Paesi Ue.
E mentre il Parlamento si pronunciava a Strasburgo, a
Lussemburgo l’avvocato generale Yves Bot invitata la Corte di Giustizia dell’Ue
a respingere i ricorsi di Italia e Spagna
contro il brevetto unico. Nelle sue conclusioni, l’avvocato Bot evidenzia
perché la procedura di cooperazione rafforzata risulta essere legittima,
contrariamente agli argomenti avanzati da Roma e Madrid.
Pomo
della discordia è la decisione del Consiglio dell'Ue del 10 marzo 2011
(2011/167/Ue), con cui 25 Stati membri furono stati autorizzati a procedere in
materia con una cooperazione rafforzata. Per tutta risposta, i due Paesi dissenzienti
hanno presentato ricorso, chiedendo alla Corte di Giustizia dell’Ue di
annullare la decisione del Consiglio.
Secondo
quanto riferisce EurActiv, l’avvocato Bot propende per la
legittimità della procedura perché la decisione del Consiglio non costituisce
né uno “sviamento di potere” né
una “violazione del sistema
giurisdizionale”, come invece affermato da Italia e Spagna.
In
merito al rischio di presunte distorsioni della libera concorrenza nel mercato unico, l’avvocato nota che la
decisione di autorizzare una cooperazione rafforzata ne definisce l’ambito procedurale.
Pertanto, la proposta del Consiglio sul regime linguistico del brevetto unico
non inficia la validità dell’autorizzazione di una cooperazione rafforzata. La
questione dovrà essere affrontata successivamente con un atto separato,
adottato all’unanimità dagli Stati membri partecipanti.
In
conclusione, Bot ritiene
che la valutazione del Consiglio non sia viziata da “errore manifesto”. Anzi, l’istituzione del brevetto unico – per l’avvocato
– contribuirà a uno "sviluppo armonioso" dell’Ue, riducendo le
disparità esistenti tra Stati membri. Inoltre, il brevetto unico porterà
vantaggi e benefici agli operatori economici di vari Paesi, data l’irrilevanza
del luogo di origine del richiedente ai fini del suo ottenimento.
Le
conclusioni di Bot –
sebbene non vincolino la Corte – saranno valutate dai giudici della Corte prima
della sentenza finale. All’Italia e alla Spagna non resta che incassare gli
schiaffoni e, passato il bruciore, aderire al brevetto unico: le loro imprese
lo chiedono fin dall’inizio di questo insensato braccio di ferro linguistico.
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