Uno dei ritornelli dell’informazione, in questi giorni, in
tv, alla radio, sui giornali, sul web, è che, se non ce lo teniamo noi al
governo, o comunque in alto loco, quella perla rara del Professor Monti, l’Europa ce la porta via.
E i ‘rischi’ in realtà non mancano: nel giro di due anni, di qui alla fine del
2014, sono quattro le poltrone europee che contano davvero da assegnare. Ma
siamo proprio sicuri che l’Unione ce lo insidi davvero, il nostro (quasi) ex premier
(già) ex tecnico?
Vediamo, caso per caso. Cercasi, di questi tempi, presidente
dell’Eurogruppo, club dei responsabili delle finanze dei Paesi dell’euro,
presieduto, da quando è nato, dal premier e ministro delle finanze
lussemburghese Jean-Claude Juncker. Nella conferenza stampa di domenica 23, la
giornalista dell’Afp Françoise Kadri ha fatto a Monti una domanda diretta in
tal senso. La risposta è stata chiara, ma elusiva: alle prese con tante proposte
che gli vengono realmente fatte, o prospettate, il premier manco vuole prendere
in considerazione quelle che non gli sono state ancora presentate (e che,
forse, mai lo saranno).
E, per quanto nessuno neghi la sua competenza per
quell’incarico, è molto difficile che il Paese che ha già la presidenza della
Banca centrale europea con Mario Draghi assuma pure quella dell’Eurogruppo,
instaurando una sorta di diarchia sulla politica monetaria europea. Senza
contare che, sull’Eurogruppo, c’è una prelazione francese per il ministro
dell’Economia Pierre Moscovici.
Juncker, poi, è un ppe e la legge dell’alternanza non
scritta ma spesso applicata in Europa potrebbe indurre a optare per un non ppe,
magari, un socialista, come Moscovici appunto. Infine, il timing non è dei più
felici per Monti: la scelta del successore di Juncker dovrebbe essere fatta a
gennaio, troppo presto per il Professore che non è candidato, ma è in lizza,
per guidare lì’Italia dopo il voto di febbraio.
Allora, l’Eurogruppo Monti non ce lo porta via. Ma nel 2014
ci saranno da sciogliere tutti i nodi dei vertici delle tre istituzioni comunitarie
più importanti: la presidenza della Commissione europea –il portoghese José
Manuel Durao Barroso, ppe pure lui, terminerà il suo secondo mandato e non è
più rieleggibile-; la presidenza del Consiglio europeo –il belga Herman Van
Rompuy, ancora un ppe, concluderà anch’egli il secondo mandato-; e la
presidenza del Parlamento europeo, che, in primavera, verrà rinnovato con le
VIII elezioni a suffragio universale.
Andiamo in ordine. La presidenza del Parlamento europeo
eletto a suffragio universale non è mai toccata, dal 1979, a un italiano. Oggettivamente,
i tempi sono maturi, anzi marci. Ma Monti, per potervi ambire, dovrebbe prima
farsi eleggere eurodeputato. E lo vedere voi il Senatore a vita, che non si
candida in Italia, candidarsi in Europa? Io non ci scommetterei un euro. Anche
se, lì, lo favorirebbe, oltre che l’alternanza di Paese, anche quella politica:
l’attuale presidente è un socialista, il tedesco Martin Schulz, e dovrebbe
toccare a un ‘moderato’.
Poi, la presidenza della Commissione: i capi di Stato e di
governo devono fare la loro scelta, il Parlamento europeo deve votare
l’investitura. Monti dopo Barroso? L’ipotesi potrebbe acquisire concretezza, ma
ci sono due handicap: uno è Barroso, un ppe lì da 10 anni (i socialisti
punteranno alla poltrona e i tedeschi, che non hanno quel posto dagli Anni
Cinquanta, potrebbero avere in Schulz l’uomo giusto per la doppia alternanza,
politica e nazionale); l’altro è ancora Draghi –due italiani ai vertici di due
delle quattro maggiori istituzioni dell’integrazione è coincidenza improbabile,
al di là del valore delle persone-.
Resta la presidenza del Consiglio europeo, l’ultima a essere
decisa in ordine temporale, appannaggio unico dei capi di Stato e di governo
dell’Ue: Monti dopo Van Rompuy? Possibile, con le qualità e il curriculum del Professore,
ma l’ostacolo Draghi persisterà.
Insomma, che Monti ce lo porti via l’Europa è
uno spauracchio relativo. Possiamo fare le nostre scelte senza esserne
assillati.
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