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venerdì 14 dicembre 2012

Ue/Italia: il Cav e il Prof al Ppe, 'Mario, candidati', 'Silvio, sta buono'

Scritto per Il Fatto Quotidiano del 14/12/2012
Teatrino italico sulla scena europea. L’ex premier Silvio Berlusconi si presenta, legittimamente, anche se magari inopportunamente, al consulto fra i leader del Partito popolare europeo, che precede il Vertice dei 27, e ci trova il premier Mario Monti, che, con il Ppe, c’entra poco (o, meglio, c’entrava poco finora). E tutti a dirgli, al Professore, non al Cavaliere, di candidarsi e di continuare a guidare l’Italia: Van Rompuy, Barroso, la Merkel, gli altri, che sono tutti ‘popolari’ – in italiano, si legge democristiani-. Alla fine, glielo dice pure Silvio a Mario: “Se ti candidi tu, non mi candido io”. Il Professore è reticente: “No comment, per ora penso al governo”.
Il consesso conta: il Ppe ha la maggioranza dei capi di Stato o di governo dell’Ue. Ovvio che i capi dei capi del Partito si preoccupino di evitare che la sinistra vinca le prossime elezioni in Italia: è il loro minimo comune denominatore. Per la Merkel, un successo della sinistra da noi sarebbe un cattivo presagio, in vista delle politiche tedesche di settembre.
Fatto sta che a Bruxelles, in queste ore, tutta l’attenzione è concentrata sulla situazione italiana. Anche perché un Vertice così facile, i leader dei 27 se lo sognavano da anni: è tutto fatto, loro ci devono solo mettere la faccia e la firma. E poco importa che la stampa tedesca faccia dello humour all’inglese, scrivendo che la muraglia cinese dell’Unione bancaria s’è trasformata in un paravento pieghevole giapponese, quelli di carta di riso, che lasciano intravvedere più di quanto nascondano.
Non ci fossero le beghe italiche, qui sarebbe una buona giornata europea: da un lato, la nuova fetta di prestiti alla Grecia decisa dall’Eurogruppo; dall’altro, modi e tempi dell’Unione bancaria definiti dall’Ecofin. L’accordo tocca tutti i Paesi dell’euro e pure gli altri, tranne Gran Bretagna e Svezia.
La presenza di Mr B all’incontro del Ppe sarebbe già stata di per sé imbarazzante, dopo la sortita anti-Cavaliere del gruppo del partito al Parlamento europeo. Figuriamoci insieme a Monti, che è stato invitato –si scopre- dal presidente del Ppe Martens, un ex premier belga un po’ andato, causa età e alcol. Berlusconi, gli amici li può contare sulle dita di una mano (e alcuni sono impresentabili, come Orban, il premier ungherese, un tifoso del Milan). Ma anche fra i supporter di Monti ce ne sono di poco raccomandabili, come il presidente albanese Berisha.
Invece di zittirsi, il Cavaliere s’esalta: si sente “coccolatissimo” dal partito; e fa il piazzista a Mario. Lo invita a candidarsi e a essere “punto di riferimento” del Pdl, nonostante l’ostracismo della Lega; dice che, se Monti ci sta, moderati e Lega insieme vincono; afferma che la sua visione e quella del premier “si sommano” senza differenze e che tra loro c’è “un buon feeling”; tiene in sospeso le sue scelte: “Vedremo… Se mi presento prendo i voti del 2008”.
Poi innesca i ritornelli: è una menzogna assoluta che l’Italia con lui fosse sull’orlo del disastro; e  non è vero che il debito sia eccessivo, “abbiamo 9000 miliardi di attivo”. Polemizza con Daul, capogruppo del Ppe a Strasburgo, un tedesco che l’ha criticato; e con Schulz, presidente Spd dell’Assemblea, “una personalità problematica”. Della Merkel dice “non ci siamo parlati, ma ci siamo sorrisi” –o forse era un sorrisino?- .
La cancelliera guida il coro “Mario candidati”. Juncker dice che il sostegno per Monti è grande, Martens che il partito è "unito contro populismo e antieuropeismo”. Barroso insiste sull’importanza della stabilità dell’Italia ed elogia il Governo dei Tecnici: "Ho parlato con Berlusconi – racconta – per dirgli che un'Italia stabile e che prosegua sulla via delle riforme è cruciale anche per l'Europa".
Il premier comincia la giornata con una conferenza a un think tank; poi vede Barroso e pure Hollande e Rajoy; quindi va al Ppe e infine al Vertice. La situazione politica italiana preoccupa l’Europa: il cambio di vento a  Roma non piace: i leader popolari e pure gli altri vogliono capire. Monti prova a calmare gli animi, ricorda che il suo governo è in carica e rassicura: "Qualunque sarà l'esito delle elezioni, l’esecutivo che verrà si collocherà nella linea tradizionale di un forte appoggio all'integrazione europea", perché questo "è nell'interesse nazionale". Non gli crede nessuno; e, forse, non ci crede neppure lui.

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