Ingerenze? Ma quando mai! Anche il giorno dopo l’incontro
alla Casa Bianca, i presidenti Obama e Napolitano sono sulla stessa lunghezza
d’onda. Mentre in Italia si scatena il putiferio, per quello che i due si sono
-o sarebbero- detti, a Washington la
portavoce Caitlin Hayden respinge le accuse, specie pidielline, di interferenze
americane nella campagna italiana: "Gli Usa non parteggiano o appoggiano
alcun partito politico nelle elezioni altrui. Nel voto italiano tocca al popolo
italiano decidere".
Una sortita, si direbbe, concertata con il Quirinale, che
poco prima se n’era uscito con una sua nota: “infondato” e “gratuito” parlare
di ‘ingerenza’ a proposito della visita a Washington di Napolitano. La nota
ricostruisce l’incontro: “Rispetto alle forze in campo nella competizione
elettorale in Italia, il presidente Obama si è astenuto da qualsiasi
apprezzamento nei confronti di chiunque. Non solo in pubblico, ma anche nel
colloquio a porte chiuse, si sono tenuti comportamenti assolutamente
impeccabili”.
In realtà, per le elezioni italiane, il gioco degli
‘endorsements’ internazionali non è mai stato così smaccato. Ma, tecnicamente,
le prese di posizione di Casa Bianca e Quirinale sono corrette, perché, più che
di appoggio all’uno o all’altro candidato, qui si tratta di una ‘conventio ad
escludendum’: dal Manzanarre al reno,
dal potomac al tevere, nessuno vuole, anzi tutti temono, il ritorno di Mr B.
Magari sul Volga, ma è un altro discorso.
Che vinca Monti o che vinca Bersani, che sarà pure un ex
comunista, ma –che diamine!- lo è pure zio Giorgio, a Obama, in fondo, non
cambia molto. Purché le politiche siano quelle (di Monti): rispetto degli
impegni, cioè rigore nei conti pubblici e riforme, ma anche rilancio della
crescita e dell’occupazione, perché l’America vuole un’Europa che stia bene e
che sostenga la domanda. Ma chi preoccupa è il Cavaliere, che, se ti manda a
scatafascio l’Italia e l’Eurozona, sono guai per tutti, anche in America.
In Europa, Hollande è in linea con Obama: fa complimenti
all’azione del Monti premier e manda videomessaggi d’appoggio al Bersani
candidato. Il Ppe e la Merkel
stanno con Monti, soprattutto per tenere Berlusconi alla larga –e la
cancelliera non obietta all’incontro con Bersani del ministro delle finanze
Schaeuble-. Il presidente socialista del Parlamento europeo Schulz fa campagna
pro Bersani, ma non demonizza Monti (Mr B sì, ed è una lunga storia). Chi esce
un po’ dal seminato è Rehn, responsabile dell’economia dell’Ue, liberale finlandese,
che fa un peana a Monti al giorno.
Un peana, ma a Napolitano, “leader straordinario e
visionario”, lo fa pure Obama. Insieme a un atto di fiducia nell’Italia e a un
grazie “per l’enorme contributo” alle missioni di pace internazionali. Prima dei
colloqui, l'ambasciatore Usa in Italia, David Thorne, aveva diplomaticamente
gettato acqua sul fuoco: l'Amministrazione Obama non ha “alcuna
preoccupazione" per il voto italiano. Ma la rimonta del Cavaliere, come pure
le vicende Finmeccanica, Eni, Mps, fanno sì che “sottotraccia resta la sottile
tradizionale perplessità sull'Italia, incapace - scrivono i giornali americani
- di uscire dal proprio stereotipo negativo”. Tranne che con zio Giorgio e
‘Super-Mario’ –ma Obama cita Draghi, non Monti-.
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