Per la seconda volta in meno di 24 ore, l’attualità
internazionale è attraversata da notizie che suscitano reazioni sostanzialmente
unanimi. Lunedì, ieri, l’emozione e la sorpresa per l’annuncio delle dimissioni
di papa Benedetto XVI. Oggi, lo sconcerto e la preoccupazione per l’esplosione,
non inattesa, e unanimemente deplorata, dell’ordigno atomico nord-coreano.
A Washington, il presidente americano Barack Obama, che si
appresta a pronunciare il discorso sullo stato dell’Unione, il primo del suo
secondo e ultimo mandato, aggiorna il suo testo, perché rifletta gli ultimi
sviluppi sulla scena mondiale: ci sarà, si pensa, un omaggio al pontefice; e ci
sarà, è certo, la condanna di Pyongyang.
La dichiarazione del Consiglio di Sicurezza, approvata
all’unanimità, è letta dal ministro degli esteri sud-coreano Kim Sung-hwan.
Anche in questo, la Corea
del Nord è stata tempestiva: ha compiuto il suo test proprio quando Seul
presiede l’organo decisionale delle Nazioni Unite. Il documento giudica la
deflagrazione dell’atomica nord-coreana “una chiara minaccia per la pace e la
sicurezza internazionali”, oltre che una grave violazione di precedenti
risoluzioni, ma non indica quali misure l’Onu potrebbe ora adottare.
Qualche idea viene dalla rappresentante degli Usa nel
Consiglio Susan Rice, che dice alla stampa che l’obiettivo di Washington non è
solo di rafforzare le misure già esistenti, ma è pure di allargare la gamma
delle sanzioni a settori diversi, fra cui quello finanziario.
Parlando di azione “altamente provocatoria” da parte della
Corea del Nord, la Rice ,
che doveva diventare segretario di Stato al posto di Hillary Clinton, ma è
stata ‘bruciata’ dal Congresso per le sue reticenze sulla strage di Bengasi del
settembre 2012, prevede che Pyongyang,
sotto l’effetto delle sanzioni, subirà ”un isolamento e una pressione sempre
più forte per effetto delle sanzioni”: l’obiettivo è quello di impedire alla
Corea del Nord di sviluppare i suoi programmi di armi nucleari e di missili
balistici e di condurre attività di proliferazione. Un’azione di convinzione e
coercizione parallela a quella svolta dalla comunità internazionale nei
confronti dell’Iran, anche se Teheran, rispetto a Pyonyang, ha più amici e più
protettori (anche perché ha qualcosa di più da offrire).
Il fatto che Washington e Pechino, e magari qualche altra
capitale, fossero state informate di quanto stava per accadere limita
nell'immediato l’impatto emotivo ed evita reazioni sopra le righe –anzi, la Borsa di Tokyo neppure si
scompone e chiude positiva-, ma non frena una valanga di condanne. Obama
definisce il test “una provocazione”, il segretario generale dell’Onu Ban
Ki-moon denuncia “una chiara violazione delle risoluzioni esistenti”, la Nato parla di “atto
irresponsabile, l’Ue vi vede “una sfida sfacciata” alla comunità
internazionale. In sintonia con i colleghi europei, il ministro degli esteri
italiano Giulio Terzi condanna l’episodio “con la più assoluta fermezza”. “è
–afferma- l’ennesima flagrante violazione” degli obblighi imposti alla Corea
del Nord dall’Onu e costituisce “una minaccia alla stabilità regionale e alla
sicurezza globale”, oltre che mancare al rispetto delle regole di non
proliferazione.
L'esplosione è avvenuta intorno alle 11.58 locali, cioè
quasi le 4 del mattino da noi, e ha provocato un "sisma artificiale"
di magnitudo 4,9 sulla scala Richter, secondo quanto rilevato dalla Ctbto
(Comprehensive Nuclear Test Ban Treaty Organisation), l'agenzia di controllo
sui test nucleari, che ha sede a Vienna, più forte della magnitudo segnata
nell'ultimo esperimento di Pyongyang del 2009 -4,5-. La potenza dell'ordigno è
stata stimata in 6-7 chilotoni (un chilotone sprigiona energia pari
all'esplosione di mille tonnellate di tritolo).
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