In Siria, la moria continua, nell’uno e nell’altro campo: i
lealisti al regime del presidente al Assad e gli insorti dove s’intersecano
paladini dei diritti umani e jihadisti integralisti . Ma l’Unione europea
affida i messaggi a Damasco a sottigliezze diplomatiche: sfumature e virgole. I
ministri degli esteri dei 27, riuniti a Bruxelles, rinnovano per tre mesi le
sanzioni contro il regime di Damasco e, contestualmente, allentano l’embargo
sulla vendita delle armi. Nelle loro conclusioni, i ministri specificano che le
misure sono state modificate così da consentire di "fornire un maggiore
supporto non letale” e pure “assistenza tecnica per la protezione dei
civili".
Che cosa significa? La formula utilizzata vuole essere
–chiosano fonti europee- “un segnale politico a favore dell’opposizione”, che –se
lo capisce- deve sentirsene galvanizzata, anche se resta il divieto di fornire
armi e anche di dare assistenza per l'addestramento al loro uso. "L'intesa
a 27 –incalza il ministro degli esteri italiano Giulio Terzi- è uno sviluppo
positivo che va nel senso di un rafforzamento del sostegno europeo
all'opposizione siriana, sia sul piano politico che su quello materiale",
proprio come voleva l’Italia.
Però, il gesto non è molto forte, se bisogna avere cura di
spiegare a favore di chi va –o vorremmo che andasse-. Del resto, il parlare in
punta di penna sulla Siria non è prerogativa solo europea: la commistione tra
‘buoni’ e ‘cattivi’, nelle fila degli insorti, induce tutti alla prudenza. Lo
si vedrà a Roma, il 27 febbraio, quando il Gruppo ad alto livello formato da 11
Paesi si riunirà proprio per discutere di Siria: ci saranno, oltre all’Italia,
Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia, Germania, Turchia, Arabia saudita e
altri. Per il neo-segretario di Stato
americano John Kerry sarà l’occasione della sua prima missione europea nel
nuovo ruolo.
Proprio oggi, l'ex procuratore del Tribunale internazionale
per l'ex Jugoslavia Carla del Ponte, che fa parte della commissione dell’Onu
che indaga sulle violazioni dei diritti umani in Siria, ha detto che la
giustizia, e specie la Corte
penale internazionale, dovrebbe interessarsi a quanto avviene in quel Paese.
L’Onu ha già stilato un rapporto e stilato un elenco “di individui e di unità
che si crede abbiamo commesso crimini contro l'umanità, violazioni del diritto
umanitario internazionale e chiare violazioni dei diritti umani in Siria”. Ci
sono anche personalità “in posizione di leadership”.
Oltre che di Siria, il Consiglio dei Ministri degli esteri
dell’Ue, oggi, a Bruxelles, s’è pure occupato di Mali, decidendo l'avvio
formale della missione militare europea di addestramento già politicamente
concordata: una "decisione storica" per una missione "non priva
di rischi", ha detto il generale Patrick de Rousiers, presidente del
comitato militare Ue. Il generale ha evocato i rischi di attacchi terroristici
e la necessità che gli istruttori europei applichino "i metodi affinati in
dieci anni in Afghanistan".
La missione, denominata Eutm e cui partecipa anche
l'Italia, conterà, a pieno regime, su
quasi 500 militari. Le attività d’addestramento inizieranno ai primi d’aprile.
Particolare attenzione sarà rivolta alla selezione del personale maliano per
"creare un nuovo esercito che rispetti l'autorità di governo e le leggi
umanitarie". Un primo contingente di 70 militari è già sul posto dal'8
febbraio. Nelle prossime settimane saranno inviati altri 400 militari. La
missione avrà un budget di 12,3 milioni di euro, con un mandato iniziale di 15
mesi: terrà il quartier generale a Bamako, ma la base operativa sarà a Koulikoro.
Altrove in Africa, ma in una vicenda in qualche modo
collegata agli eventi maliani, il gruppo
integralista islamico Ansaru ha rivendicato con un comunicato il rapimento in
Nigeria di sette lavoratori stranieri, tra cui l'ingegnere italiano Silvano
Trevisan. Nel comunicato inviato ai media Ansaru, una frazione della setta
islamica radicale Boko Haram, spiega di aver compiuto il sequestro “a causa
delle violazioni e delle atrocità commesse nei confronti della religione di Allah
dai Paesi europei, in diversi luoghi tra cui Afghanistan e Malì”.
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