Che sia il disgelo da Primavera araba o che sia il timore
dell’isolamento internazionale, o magari l’uno e l’altro, fatto sta che la
visita storica si fa: per la prima volta da oltre trent'anni un presidente
iraniano si trova oggi in Egitto. L’occasione è multilaterale, il Vertice della Conferenza della
cooperazione islamica, ma il segnale è quello di un riavvicinamento, se non
proprio di una riconciliazione, fra due grandi potenze regionali –sono almeno
tre, perché l’Arabia Saudita mica ce la possiamo dimenticare-. Che cos'è
cambiato, che prima ostava a un passo del genere?
Poco in Iran, dove il regime continua nel solco della
rivoluzione islamica dell’ayatollah Khomeini alla fine degli Anni Settanta: il
presidente Mahmud Ahmadinejad avrà pure messo un po’ d’acqua nel suo vino
integralista e massimalista, ma resta uno che non gode di buone relazioni in
Occidente e –per la verità neppure in buona parte del Mondo islamico.
Molto in Egitto, dove, con l’uscita di scena di Hosni
Mubarak, al potere non c’è più un satrapo “amico d’Israele”, per restare al
linguaggio d’Ahmadinejad, ma un presidente espressione dei Fratelli musulmani,
quel Mohamed Morsi che accoglie l’ospite con onori un po’ superiori al minimo
dovuto (e non è solo sfoggio d’amicizia con diplomatica ipocrisia).
I riti del riavvicinamento, sia pure con distinguo, tra
Egitto e Iran non giocano, in casa, a favore di Morsi, che già deve
fronteggiare la protesta liberale di chi gli contesta il tradimento ‘islamico’ della
Primavera. I salafiti e, in genere, i sunniti non vedono di buon occhio l’accoglienza
riservata al leader sciita: volano critiche contro Morsi (e pure scarpe contro
Ahmadinejad, secondo notizie poi smentite). E, sul piano internazionale, la
mossa suscita riserve a freddezze in Israele e nelle capitali occidentali e non
piace neppure nella Regione: ad esempio, ai Paesi del Golfo.
Il Cairo e Teheran restano divise dalla Siria, dove gli
egiziani stanno, pur con dubbi, che non
sono solo loro, dalla parte dell’insurrezione e gli iraniani stanno, senza
troppe riserve, con il regime, amico dei loro amici –gli hezbollah- e mai in
pace con Israele.
Antitesi sunniti/sciiti, crisi siriana, rapporti con Israele
sono, però, divisioni che segnano non solo i rapporti tra Egitto e Iran, ma
tutta la Conferenza della cooperazione islamica, anche se Ahmadinejad non fa
mostra di cogliere i dissensi, prevede che la sua visita dia nuovo slancio alle
relazioni fra i due Paesi e anticipa l’intenzione di recarsi “presto” nella
Striscia di Gaza.
Il presidente iraniano non è, di questi tempi, l’unico a
programmare viaggi senza precedenti nella Regione: il presidente americano Barack
Obama ha appena annunciato l’intenzione di recarsi in Israele a marzo, per la
prima volta da quando è alla Casa Bianca. Al premier israeliano Benjamin
Netanyahu costerà fatica accoglierlo meglio di quanto Morsi ha fatto con
Ahmadinejad.
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