Se John Kerry aveva qualche esitazione nel definire le
priorità della sua agenda, l’attentato compiuto ieri a Damasco –circa sessanta
le vittime- deve avergli tolto molti dubbi: la Siria è, in questo momento, il problema numero 1
della sicurezza internazionale. Il segretario di Stato americano parteciperà,
qui, a Roma, il 27 febbraio, a una riunione del Gruppo ‘ad hoc’ ad alto
livello, dove si discuterà come uscire dalla guerra civile che martoria quel
Paese. E, il giorno prima, a Berlino, Kerry avrà avuto un incontro con il
collega russo Serguiei Lavrov, fautore della linea del dialogo.
L’attacco suicida nel centro di Damasco, vicino alla sede
del partito Baas, è denunciato come “un
atto di terrorismo”sia dal regime, che lo attribuisce a gruppi legati ad al
Qaida, che “ricevono dall’estero sostegno logistico e finanziario”, che
dall’opposizione. Se la sua matrice, ma anche i suoi moventi, restano incerti,
uno degli effetti è di accrescere l’incertezza su chi stia davvero combattendo
in Siria per rovesciata il regime di Bachar al Assad.
Al Cairo, la
Coalizione nazionale siriana si dice pronta a negoziare un
accordo di pace per porre termine al conflitto, purché il presidente al Assad
non abbia un ruolo nella trattativa, da condurre sotto l’egida di Usa e Russia.
Ma, in Occidente, nelle ultime settimane, la sensazione che
il regime stesse per crollare s’è smorzata e s’è così tornato a parlare di
dialogo (“fra tutte le parti coinvolte” è il linguaggio diplomatico comune alla
Russia e alla Santa Sede). Il ministro
britannico William Hague chiede al regime di accettare l’offerta di dialogo.
Mentre il ministro degli esteri italiano Giulio Terzi pare un passo indietro,
quando dice che alla riunione del Gruppo proporrà di aumentare gli aiuti
militari ai ribelli.
In questo clima di dubbi e timori, si colloca la prima
missione di Kerry nel nuovo ruolo, tutta europea e mediorientale. Dal 24
febbraio al 6 marzo, il successore di
Hillary Clinton farà tappa in nove Paesi: Gran Bretagna, Francia Germania,
Italia, Turchia, Egitto, Arabia Saudita, Emirati arabi uniti e Qatar. Poi,
accompagnerà in Israele il presidente Barack Obama, mentre l’Asia sarà meta di
un altro viaggio.
Più che sugli incontri bilaterali in un contesto elettorale,
la tappa romana avrà come fulcro il consulto sulla Siria, oltre che un
Transatlantic Dinner –nel menù, sicurezza e zona di libero scambio Ue-Usa-.
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