Sentendosi forse a corto di elettori in patria,
Mario Monti chiama a raccolta i fans all'estero: peccato, per lui, che le
schede dei Grandi d’Europa non contino, nelle urne nostrane. E il Professore
non s’accontenta di raccogliere i suffragi di Angela Merkel o di Wilfried
Martens e altri venerabili ‘popolari’. Mette nelle mani della cancelliera
tedesca la composizione del futuro governo; e, poi, si cura persino delle sorti
della Germania dopo le politiche che lassù si faranno a settembre.
“La Merkel –dice parlando all’AdnKronos- teme
l'affermarsi di partiti di sinistra": "credo che non abbia nessuna
voglia di vedere arrivare il Pd al governo". Concetto ribadito a Sky: "Non è deciso che collaborerò con il Pd e giudico
difficile trovare una base d'intesa con la coalizione di sinistra. Dubito che
la Merkel auspichi un partito di sinistra al governo in un grande Paese europeo”,
specie –aggiunge- “in un anno di elezioni per la Germania”.
Con
frasi nette, il premier in carica per gli affari correnti attribuisce alla
cancelliera pensieri forse nutriti in seno, ma mai espressi pubblicamente. E si
prende una bacchettata sulle dita dal portavoce Steffen Seibert: “La Merkel non
s’è espressa sulle elezioni italiane e non l’ha mai fatto in passato”, scrive
su Twitter rispondendo a un blog. E la stessa cancelliera, in un’intervista,
dichiara: "Spetta agli italiani
scegliere il proprio governo ed io non mi mischio in suggerimenti o congetture".
Del
resto, è difficile immaginare che la Merkel, pur tifando magari Monti, voglia
tagliarsi i ponti con il favorito della vigilia; e, infatti, non ha mica
scoraggiato il suo ministro dell’economia Wolfgang Schaeuble, cristiano-sociale
come lei, dall'incontrare Pierluigi Bersani in visita a Berlino.
Come il presidente francese François
Hollande, socialista e, quindi, nelle logiche di schieramento, ‘bersaniano’,
non lesina elogi all'operato europeo del governo Monti, pur partecipando
attivamente alla campagna del Pd. Perché un conto è la ragione di partito e un
conto è la ragione di Stato. Che, se poi la ragione di partito prevalesse fino
in fondo, “sarebbe naturale –ammette proprio Monti- che la Merkel auspicasse
che il Pdl, che fa parte del Ppe, vincesse le elezioni".
E, invece, quello non lo vogliono
proprio né la Merkel né Hollande, né il conservatore Cameron, né il liberale
Rehn. Che se c’è un tratto comune, nell'Unione europea e negli Stati Uniti,
all'attenzione con cui viene seguita la campagna italiana è l’ostracismo al ritorno del Cavaliere e il timore che ciò
possa davvero accadere.
La
crociata anti-Berlusconi è guidata dalla stampa tedesca e fa di continuo adepti
(ultimo arruolato, il NYT). Quanto ai giornali britannici, quelli sono i sansepolcristi
dell’anti-berlusconismo. Proprio ieri, Der Spiegel raccontava che politici e
imprenditori depredano l’Italia giorno dopo giorno, secondo l’etica “alla
Berlusconi”, il cui motto è “arricchitevi come potete” e contro cui unico
argine è la magistratura. Prima di Der Spiegel, Die Welt aveva riesumato Marx ed
Engels per demonizzare ed esorcizzare lo spettro di Mr B che s’aggira per
l’Unione e la terrorizza: “Contro il Cavaliere, tutte le potenze della vecchia
Europa sono alleate, la Merkel e l'Eurogruppo, le banche e i mercati azionari,
l'Ue e l'Fmi”. E Tagespiegel titolava: "Il governo tedesco mette in
guardia contro il ritorno di Berlusconi". Wolfgang Munchau, commentatore
del FT, è convinto che le elezioni italiane decideranno il destino dell'euro e
guarda con ansia ai candidati premier: "un clown, un miliardario, un
funzionario di partito e un professore che non capisce niente di politica".
Per
spiegare la chiamata in campo della Merkel da parte del loro capo, i ‘montiani’
sostengono che il Professore non voleva creare imbarazzi alla cancelliera –ci
mancherebbe!-, ma solo rispondere a Berlusconi, che dichiara l’esatto
contrario, cioè che “Angela la culona”, come lui affettuosamente la chiama,
vuole imporre all'Italia una ‘grande coalizione’ Bersani-Monti.
La sortita del premier suscita una gragnola di repliche. Alfano gli dà
del portavoce della Merkel. Bersani dice
ironicamente di non avere capito se il Pd è un problema per la Merkel, o
per Monti. Proprio Bersani, il “casual Pierluigi”, campeggiava ieri sulla stampa tedesca: Die Welt raccontava il
leader del Pd che, “con il sigaro tra le labbra”, ha rifinito, in questa
campagna, “la sua immagine di statista pieno di slancio, apparendo senza giacca
e con le maniche rimboccate”. Una conferma in più al fatto che, visti da
lontano, appaiono spesso diversi che visti da vicino.
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