Grandi
manovre, nell’Unione europea, in vista del Vertice dei 27
a Bruxelles, giovedì e venerdì, sulle spese dell’Ue tra il 2014 e il 2020. Il
premier italiano Mario Monti è stato a Berlino giovedì e a Parigi domenica; la
cancelliera tedesca Angela Merkel ha visto oggi il capo del governo spagnolo
Mariano Rajoy e s’appresta a incontrare il presidente francese François
Hollande. E, qui da noi, percorsi europei e polemiche elettorali s’intrecciano:
il mini-tour Ue del premier è, dunque, costato al professore e al candidato –le
sue altre identità- critiche e attacchi, senza potere in cambio esibire, almeno
per ora, risultati europei tangibili.
Le
diatribe di bilancio fra i 27 diventano grandi problemi sulla scena europea.
Ma, a relativizzarne l’impatto, dovrebbe bastare uno sguardo a quanto accade
intorno all’Ue, anche vicinissimo all’Ue, nel Medio Oriente dove nuovi attriti
israelo-siriani vengono ad aggiungersi a una situazione già esplosiva, o
nell’Africa sub-sahariana, dove le operazioni anti-jihadisti nel Mali procedono
veloci, ma rischiano di liberare tutto intorno schegge di terrorismo. E le
relazioni dell’Occidente con l’Iran restano tese, nonostante un’ipotesi di
rilancio, il 25 febbraio, nel Kazakhstan, dei negoziati nucleari con la formula
‘5 + 1’ (l’Iran da una parte e le cinque ‘storiche’ potenze atomiche più la
Germania dall’altra).
Ma non
divaghiamo. E torniamo alle prospettive finanziarie dell’Unione europea per il
2014/2020. La partita è tra i Paesi che vogliono spendere per l’Ue il meno
possibile –la Gran Bretagna, ma pure Germania, Olanda, Finlandia e tutti i
‘campioni del rigore’- e quelli che vedono nel bilancio dell’Ue uno strumento
di crescita. Nel colloquio di Monti con Hollande è emerso un asse franco-italiano (s’è
parlato di “visione comune”), cui si contrappone l’atteggiamento più tiepido
della Merkel verso le esigenze del suo amico italiano Mario.
Attenzione!,
però. La lettura non è così semplice come appare. Ci aiuta a capirlo una
osservazione di Massimo D’Alema:
“L’Europa progressista –cioè la Francia socialista di Hollande, ndr- vuole
Bersani, Monti lo vuole la Merkel”. Allora la cancelliera, dicendosi quasi
spiazzata dalla fermezza nel negoziato del premier italiano, ne sottolinea la
capacità di difesa degli interessi nazionali e gli appunta di fatto sul petto
una medaglia al valore. Mentre il presidente ringrazia Monti dell’appoggio
nella trattativa europea, ma, intanto, il Partito socialista sguinzaglia in
Italia i suoi uomini a fargli campagna contro.
Sul
bilancio europeo, per Monti,
serve un accordo “equo e trasparente”, che sia orientato verso “crescita e
occupazione”. E il contributo netto di ogni Stato dovrebbe essere in linea con
la prosperità economica di ogni Paese, mentre nel periodo 2007/2013 “l’Italia
ha pagato molto, al punto di diventare il primo contribuente netto” dell’Ue.
Se queste
sono le premesse, l’intesa è ancora lontana. E, dopo il nulla di fatto di
novembre, quando, dopo i rituali confessionali e qualche pantomima negoziale, i
leader dei 27 preferirono rimandare ogni decisione, c’è chi paventa di nuovo un
giro di valzer a vuoto: nulla di grave in sé, perché tempo ce n’è; ma un’altra
picconata alla solidità e credibilità della costruzione comunitaria. E
l’ipotesi di un veto italiano, paventata in questi giorni a più riprese, indica
quanto sia febbrile l’attesa del Vertice.
Stando a
voci raccolte da Giuseppe Latour su EurActiv.it, il presidente del Consiglio
europeo Herman Van Rompuy intende presentare la sua proposta di compromesso all'ultimo momento
utile, cioè giovedì, in apertura del Vertice. In tal modo, spera di mettere i
leader davanti a un “prendere o lasciare” e che nessuno se la senta di dire di
no. Ma la tattica è rischiosa: giocare a carte coperte fino all'ultimo istante
può, infatti, irritare più che ammorbidire gli interlocutori.
Il
compromesso, comunque, non potrà che essere al ribasso: si riparte dalla ‘bozza
Van Rompuy’ non accettata tre mesi or sono, che prevedeva circa 80 miliardi di
tagli rispetto alla proposta di base della Commissione europea,
di poco inferiore ai 1.100 miliardi di euro di spesa in sette anni. Il ‘lodo
Van Rompuy’ deluse i rigoristi, perché troppo timido, e i partigiani della
‘buona spesa’, perché non stimolava adeguatamente la crescita. Adesso, Van
Rompuy taglierà ancora qualcosa, ma ridistribuirà un po’ i sacrifici e
penalizzerà di meno le politiche agricola e di coesione. Ritocchi e rammendi:
basteranno a cucire l’accordo?
Nessun commento:
Posta un commento