Jean-Claude
il rosso: dopo quarant'anni d’onorata militanza democristiana, anzi ‘popolare’,
Jean-Claude Juncker, premier lussemburghese, presidente dell’Eurogruppo, rivela
una vena marxista e una vocazione femminista; e lascia a bocca aperta gli
eurodeputati della Commissione Economia, venuti ad ascoltarlo per il discorso
di commiato da presidente del club dei ministri delle finanze dell’Eurozona.
Lui,
un vate del rigore, o forse solo una pizia della divina Angela, s’accorge che la
disoccupazione, "superiore all'11% nell'Eurozona", e' "un
problema drammatico", che è stato "sottovalutato" – chissà mai
da chi -. E ricorda che, quando venne deciso e introdotto l'euro, c’era la
convinzione che la moneta unica avrebbe avuto “effetti positivi anche sugli
equilibri sociali". Complice la crisi, non è stato così: ''Ora la disoccupazione non è più un'eccezione, ma la regola''.
E riferendosi ai Paesi più interessati dalla piaga della carenza di lavoro, fra
cui l'Italia, dichiara: ''Avrei voluto che si istituisse un sistema di
ricompensa per tutti gli sforzi che abbiamo chiesto loro''.
E, allora, è necessario affrontare il problema "con
politiche più attive" sul mercato del lavoro. E qui, citando Karl Marx
-proprio lui, quello dello spettro che s’aggira per l’Europa-, Jean-Claude il
rosso (che non t’aspetti e non ci credi) rilancia la proposta di un
"salario minimo in tutti i paesi dell'euro, altrimenti si rischia di
perdere la credibilità e il sostegno dei lavoratori". Un risultato di cui
i 27, o almeno i 17 dell’euro, dovrebbero ''parlarne
in termini concreti'' (e non solo “in termini retorici”).
Il discorso di Juncker agli
eurodeputati è l’occasione per fare un bilancio, ma anche per togliersi qualche
sassolino dalle scarpe, che ne sono piene, dopo tanto ininterrotto servizio
europeo. C’è qualche orgoglio: negli ultimi 12 mesi,
"la situazione dell'eurozona è molto migliorata". Un anno fa, "molti
osservatori ritenevano che l'Eurozona fosse destinata al fallimento e i
futurologi, soprattutto quelli anglosassoni, ne prevedevano la fine''. Non è
stato così: ''L'Eurozona continua a esserci, la Grecia ne fa sempre parte e
abbiamo un meccanismo di stabilità".
Ma c’è
pure qualche rammarico. Come i risultati definiti ''deludenti'' dell'ultimo
Consiglio europeo, a metà dicembre', che non è stato in grado di ''tracciare un
percorso per i prossimi anni'' –ambizione forse eccessiva-. Oppure il
coordinamento delle politiche economiche e monetarie, che dovrebbe essere più
equilibrato: ''Non si può andare avanti con un sistema in cui il braccio
economico è più muscoloso mentre l'altro braccio, quello monetario, è meno
forte''.
Ci sono pure le lacrime da coccodrillo del femminista ‘di
ritorno’ che non t’aspetti. Così, Juncker annuncia che sarà una donna, e una
francese, a guidare
il consiglio di supervisione bancaria della Banca centrale europea. Lui nomi
non ne fa, ma il posto dovrebbe toccare a Daniele Nouy, segretario generale
dell'autorità per il controllo prudenziale della Banca di Francia, istituita nel 2010 dall'allora ministro
delle finanze francese Christine Lagarde, oggi direttrice generale dell’Fmi.
La
scelta di una donna e di una francese ha un doppio effetto. Da una parte, vuole
mettere una toppa al ‘caso Mersch’: il Parlamento europeo aveva criticato la
nomina del banchiere lussemburghese Yves Mersch nel board Bce, auspicando la
designazione di una donna. Dall'altra, fa definitivamente tramontare l’ipotesi
di un francese, il ministro Pierre Moscovici, alla presidenza dell’Eurogruppo
dopo Juncker e spiana la strada a quella dell'olandese Jeroen Dijsselbloem, un
‘euro-tiepido’.
Mentre
Juncker tiene banco a Bruxelles, a Francoforte Mario Draghi riunisce il
comitato direttivo della Banca centrale europea e dispensa pillole d’ottimismo,
anche se non si può ancora affermare che “la battaglia contro la crisi è
vinta”. Draghi vede “una graduale ripresa” nel corso del 2013 e "l'inflazione in calo sotto la soglia del
2%". I miglioramenti dell’economia reale "non si vedono ancora",
ma “ci sono”. La Bce mantiene il tasso di interesse di
riferimento allo 0,75% e conferma anche i
tassi sulle operazioni di rifinanziamento marginale, 1,50%, e sui depositi, 0%.
Allora, si può allentare la stretta? Manco per sogno: “Non
possiamo rilassarci". Per stabilizzare i mercati e sbloccare la crescita,
ci vogliono altre riforme strutturali che rendano l'economia dell'Eurozona
"più flessibile, dinamica e competitiva", a cominciare dal mercato del
lavoro, "dove i giovani hanno scarse tutele, mentre i
vecchi ne hanno molte".
Bio-express - E’
il primo ministro di più lungo corso dell’Unione europea: è in carica dal 20
gennaio 1995 –fra pochi giorni, compirà i 18 anni in carica: diventerà
maggiorenne come premier-. Ed è presidente dell’Eurogruppo, incarico che
s’appresta a lasciare, dal 2005. Leader del partito popolare cristiano-sociale,
affiliato al Ppe, Jean-Claude Junker non è un ‘grande vecchio’: infatti, ha
solo 58 anni. Avvocato per studi e formazione, senza avere mai esercitato, è un
politico professionista: ministro a trent’anni, epigono di quella ‘scuola’
lussemburghese che ha dato ai quadri europei Joseph Bech, ministro degli esteri
per 33 anni, e Raymond Vouel, Gaston Thorn e Jacques Santer, entrambi
presidenti della Commissione europea –ma il secondo dovette dimettersi in seguito
a uno scandalo-.
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