Noi, gli
Occidentali, lì, che sia l’Afghanistan o il Mali, ci andiamo con l’obiettivo di
evitare che loro, i terroristici, portino la guerra qui da noi. Ma, così, va a
finire che li rendiamo più determinati a portarci la paura in casa:
conseguenza, misure di sicurezza rafforzate e clima da 11 Settembre. E’ il
paradosso della lotta contro il terrorismo, che si ripropone dopo l’intervento
francese nel Mali: l’iniziativa di Parigi coinvolge altri Paesi, la stessa
Italia, oltre a Stati Uniti e Gran Bretagna, che hanno già prestato sostegno
logistico.
Bruxelles si
prepara ad accogliere, domani, una riunione straordinaria del Consiglio dei
Ministri degli Esteri dei 27. Sul terreno, intanto, l’esercito francese ha oggi
lanciato il suo primo attacco contro postazioni dei ribelli islamici, allargando
lo spettro delle operazioni per contro i guerriglieri del Nord affiliati ad al
Qaida, che hanno resistito a sei giorni di raid aerei e hanno anche compiuto
azioni beffa contro le forze regolari.
La guerra in
Mali s’inasprisce in un contesto di tensione e di conflitto che si estende
senza discontinuità dall’Africa sub-sahariana al Corno d’Africa, a sud-est, e
al Nord Africa e all’intero Grande Medio Oriente a nord-est. I terroristi
islamici, che restano padroni di fette della Somalia, conducono all’alba un
raid nel Sahara contro un campo di estrazione del gas nel sud dell’Algeria,
sequestrando almeno nove stranieri e uccidendo due persone, fra cui un
francese. Un’azione doppiamente punitiva: verso l’Algeria, che favorisce,
concedendo a Parigi il sorvolo aereo, l’azione della Francia nel Malì, e verso
gli stranieri che l’appoggiano.
E in Siria il
terrorismo, che sia di Stato o ribelle, continua a mietere decine di vittime
ogni giorno: tre auto bombe sono esplose a pochi minuti di distanza l’una
dall’altra, nel nord-ovest del Paese, uccidendo almeno una ventina di persone,
in quello che appare un attacco coordinato contro postazione governative,
secondo quanto riferito da osservatori in loco.
E un attacco
suicida fa oltre 30 vittime a Kirkuk, in Iraq, dove altre esplosioni a Baghdad
e nel nord aggravano il bilancio della giornata. Lasciato a se stesso, il Paese
appare in preda a tensioni sempre più cruente fra la maggioranza sciita e le
minoranze sunnita e curda. Pure Kabul, in Afghanistan, è teatro di azioni
terroristiche coordinate: sei kamikaze si lanciano contro l’agenzia di
spionaggio afghana, uccidendo due persone e ferendone una trentina.
Scene di guerra
e di violenza che fanno oggi velo alle ordinarie cronache politiche e
diplomatiche. Negli Stati Uniti, il presidente Obama firma i decreti anti-armi,
dopo la strage di Newton, e punta pure su misure anti-bullismo e sulla
formazione di consulenti scolastici. In Israele, sono apre e incerte le ultime
battute della campagna elettorale, verso il voto politico della prossima
settimana. In Russia, a Mosca, viene ucciso uno dei maggiori boss della mala
russa, Nonno Hassan: il gangster settantenne sopravvissuto alle prigioni
sovietiche e a numerosi agguati cade sotto i colpi di un killer in una strada
della capitale. In Gran Bretagna, a Londra, lo schianto di un elicottero nel
centro fa temere un attentato, ma è solo un tragico incidente: il velivolo urta
una gru nei pressi d’una stazione di pendolari, si schianta al suolo, esplode;
due morti, una dozzina di feriti, poteva essere una strage.
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