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mercoledì 16 gennaio 2013

Punto: guerra al terrorismo, in Mali come in Afghanistan; e da noi

Scritto per l'Indro il 16/01/2013

Noi, gli Occidentali, lì, che sia l’Afghanistan o il Mali, ci andiamo con l’obiettivo di evitare che loro, i terroristici, portino la guerra qui da noi. Ma, così, va a finire che li rendiamo più determinati a portarci la paura in casa: conseguenza, misure di sicurezza rafforzate e clima da 11 Settembre. E’ il paradosso della lotta contro il terrorismo, che si ripropone dopo l’intervento francese nel Mali: l’iniziativa di Parigi coinvolge altri Paesi, la stessa Italia, oltre a Stati Uniti e Gran Bretagna, che hanno già prestato sostegno logistico.

Bruxelles si prepara ad accogliere, domani, una riunione straordinaria del Consiglio dei Ministri degli Esteri dei 27. Sul terreno, intanto, l’esercito francese ha oggi lanciato il suo primo attacco contro postazioni dei ribelli islamici, allargando lo spettro delle operazioni per contro i guerriglieri del Nord affiliati ad al Qaida, che hanno resistito a sei giorni di raid aerei e hanno anche compiuto azioni beffa contro le forze regolari.

La guerra in Mali s’inasprisce in un contesto di tensione e di conflitto che si estende senza discontinuità dall’Africa sub-sahariana al Corno d’Africa, a sud-est, e al Nord Africa e all’intero Grande Medio Oriente a nord-est. I terroristi islamici, che restano padroni di fette della Somalia, conducono all’alba un raid nel Sahara contro un campo di estrazione del gas nel sud dell’Algeria, sequestrando almeno nove stranieri e uccidendo due persone, fra cui un francese. Un’azione doppiamente punitiva: verso l’Algeria, che favorisce, concedendo a Parigi il sorvolo aereo, l’azione della Francia nel Malì, e verso gli stranieri che l’appoggiano.

E in Siria il terrorismo, che sia di Stato o ribelle, continua a mietere decine di vittime ogni giorno: tre auto bombe sono esplose a pochi minuti di distanza l’una dall’altra, nel nord-ovest del Paese, uccidendo almeno una ventina di persone, in quello che appare un attacco coordinato contro postazione governative, secondo quanto riferito da osservatori in loco.

E un attacco suicida fa oltre 30 vittime a Kirkuk, in Iraq, dove altre esplosioni a Baghdad e nel nord aggravano il bilancio della giornata. Lasciato a se stesso, il Paese appare in preda a tensioni sempre più cruente fra la maggioranza sciita e le minoranze sunnita e curda. Pure Kabul, in Afghanistan, è teatro di azioni terroristiche coordinate: sei kamikaze si lanciano contro l’agenzia di spionaggio afghana, uccidendo due persone e ferendone una trentina.

Scene di guerra e di violenza che fanno oggi velo alle ordinarie cronache politiche e diplomatiche. Negli Stati Uniti, il presidente Obama firma i decreti anti-armi, dopo la strage di Newton, e punta pure su misure anti-bullismo e sulla formazione di consulenti scolastici. In Israele, sono apre e incerte le ultime battute della campagna elettorale, verso il voto politico della prossima settimana. In Russia, a Mosca, viene ucciso uno dei maggiori boss della mala russa, Nonno Hassan: il gangster settantenne sopravvissuto alle prigioni sovietiche e a numerosi agguati cade sotto i colpi di un killer in una strada della capitale. In Gran Bretagna, a Londra, lo schianto di un elicottero nel centro fa temere un attentato, ma è solo un tragico incidente: il velivolo urta una gru nei pressi d’una stazione di pendolari, si schianta al suolo, esplode; due morti, una dozzina di feriti, poteva essere una strage.

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