Ad In Amenas, un campo per l’estrazione di gas nel deserto
del Sahara, nel sud-est dell’Algeria, decine di stranieri sono tuttora tenuti
in ostaggio o mancano all’appello e sono forse stati uccisi, dopo che le forze
speciali algerine avevano tentato, ieri, un blitz per liberare centinaia di
persone sequestrate da estremisti islamici, che minacciano ora di attaccare
altre installazioni energetiche nel Paese. Nell’azione algerina, susseguente
all’irruzione terroristica di mercoledì, sarebbe stato eliminato il capo del
commando di jihaddisti Abu al-Baraa,
E sud del Sahara, nel
Mali, le truppe regolai hanno completamente liberato dai ribelli islamici
Konna, una città nel centro del Paese, che può ora costituire una testa di
ponte strategica per lanciare attacchi contro i gruppi legati ad al Qaeda che
mantengono il controllo del Nord del Mali. A Bamako, la capitale, intanto,
affluiscono forze provenienti dall’Africa occidentale, che devono costituire un
contingente sollecitato dall’Onu: le avanguardie arrivano dal Togo e dalla
Nigeria. Entro il 26 gennaio, i soldati africani sul territorio maliano saranno
almeno 2000 (sui 3300 globalmente previsti): di che permettere, forse, alle
forze francesi di terra e aeree di ridurre progressivamente la loro presenza.
Si ignora, invece, per ora, quando arriveranno gli istruttori europei promessi
alle forze maliane (fra essi, 24 italiani).
Le vicende d’Algeria e Mali sono strettamente legate, nel
contesto d’un sussulto del terrorismo integralista islamico che sta scuotendo non
solo il Nord Africa e la Regione sub-sahariana, ma anche il Corno d’Africa e
tutto il Grande Medio Oriente. I ribelli algerini propongono di scambiare gli
stranieri nelle loro mani con terroristi detenuti negli Stati Uniti e chiedono
di fermare l’escalation di guerra nel Mali
E le valutazioni politiche e diplomatiche restano tuttora discordanti
sull’opportunità e la tempestività dell’intervento militare occidentale e sui
rischi da esso indotti nell’area, ma anche sul territorio dei Paesi coinvolti.
Meno convulsa, ma ancora lontana da una conclusione, la
vicenda dei due marò italiani detenuti da quasi un anno in India con l’accusa
di avere ucciso per errore, durante una missione anti-pirateria, due pescatori
indiani scambiati, appunto, per pirati. Massimiliano Latorre e Salvatore Girone
sono stati trasferiti dal Kerala a New Delhi, perché sarà una corte speciale a
pronunciarsi su a chi tocca giudicarli: se all’India o all’Italia, come
sostengono le autorità italiane. I militari sono ora sotto tutela dell’ambasciata
d’Italia in India e potranno muoversi liberamente. La decisione della corte del
Kerala dà adito a un cauto ottimismo, ma il caso resta aperto a tutti gli
sviluppi.
A Washington, intanto, si prepara la cerimonia
d’insediamento lunedì del presidente Barack Obama per il suo secondo mandato:
il discorso inaugurale, che sarà pronunciato sul Campidoglio, potrà però
difficilmente suscitare emozioni simili a quelle destate dal primo, quattro
anni or sono. Però, Obama resta capace, con il suo esempio, di ispirare in
altri l’impegno politico: il suo fratellastro Malik, che vive in Kenya, ha
deciso di lanciarsi nella corsa per le presidenziali del marzo prossimo.
Elezioni cruciali, la prossima settimana, nel Medio Oriente,
in Israele (e, poi, in Giordania, ma contano di meno). A quattro giorni dal
voto di martedì 22, il premier uscente Benjamin Netanyahu resta avanti nei
sondaggi, anche se il sostegno al suo partito non è mai stato così basso
durante la campagna. Un quadro ben diverso in Germania, dove la cancelliera
Angela Merkel cavalca l’onda della popolarità nell’imminenza delle elezioni di
domenica nel land della Bassa Sassonia, che il suo partito, la Cdu, dovrebbe
vincere: un buon viatico, a nove mesi dalle politiche di settembre,
l’appuntamento elettorale più importante di questo 2013 europeo, insieme alle
elezioni in Italia di febbraio.
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