Gli Stati Uniti hanno un segretario di Stato, cioè un
ministro degli esteri, nuovo: il Senato ha infatti ratificato la larga
maggioranza la designazione di John Kerry. Il successore di Hillary Clinton
s’insedierà ufficialmente a Foggy Bottom venerdì 1.o febbraio, dopo avere
rassegnato le dimissioni da senatore del Massachusetts. E lì si aprirà un’altra
storia, che fra un po’ vi raccontiamo.
Il presidente Barack Obama ha espresso la sua soddisfazione
per il voto del Senato. E, a Kerry, messaggi di congratulazioni, e richieste di
appuntamenti, sono giunti da Lady Ashton, ‘ministro degli esteri’ europeo; da
Giulio Terzi, ministro degli esteri italiano –Kerry “è un vero amico
dell’Italia”-; e da mezzo mondo, anzi decisamente da più di mezzo mondo. A
conti fatti, Terzi potrebbe essere fra i primi a rendere visita al collega a
Washington, accompagnando negli Stati Uniti il presidente Giorgio Napolitano,
invitato da Obama alla Casa Bianca il 15 febbraio per un incontro di commiato.
Nell'esprimere la soddisfazione per il voto del Senato, il
presidente Usa scrive: "Dal suo servizio come militare decorato nella
guerra del Vietnam, sino ai decenni passati al Senato, la carriera di Kerry è
quella di un campione della leadership globale americana. E' assolutamente
preparato a guidare la diplomazia americana negli anni a venire. S'é guadagnato
il rispetto del mondo e la fiducia di democratici e repubblicani del Senato.
Sono fiducioso che farà un lavoro straordinario ... Non vedo l'ora di lavorare
con lui negli anni a venire nello sforzo comune di assicurare la leadership
americana nel mondo e far avanzare gli interessi e i valori che mantengono
forte la nostra nazione".
L’uscita di scena di Hillary e l’arrivo di Kerry non
dovrebbe cambiare (quasi) nulla nella politica estera americana. Tocchi di
stile a parte: Hillary è più esuberante e, forse, conserva ambizioni di Casa
Bianca per Usa 2016; Kerry, 69 anni, è un ‘pesce lesso’, che ha seppellito le
ambizioni presidenziali dopo essere stato sconfitto da George W. Bush nelle elezioni
2004. A
fine missione, prevedibilmente al termine del secondo mandato del presidente
Obama, sarà pronto per la pensione.
Kerry, negli ultimi anni, ha presieduto la commissione
Esteri del Senato ed ha sempre avuto interesse per gli affari internazionali –é
un americano anomalo, che ha studiato in Svizzera e parla le lingue-: non dovrà
faticare troppo per mettersi a pari sui dossier del momento. Un’idea se la sarà
già fatta scorrendo, oggi, i titoli delle agenzie di stampa internazionali: la
guerra in Mali, che va bene per i francesi e per il contingente africano
schierato al loro fianco –dalla notte scorsa, è stato ripreso ai ribelli
l’aeroporto di Kidal, nel Nord-est del paese, al confine con l’Algeria-;
l’insurrezione in Siria, dove le Nazioni Unite hanno lanciato l’ennesimo
probabilmente inutile grido d’allarme; i fermenti di protesta in Egitto, che
non hanno oggi indotto al presidente Mohamed Morsi a rinunciare alla visita in
Germania, dove la cancelliera Angela Merkel gli ha fatto un predicozzo sul
dialogo; e i negoziati per la formazione del governo in Israele, dopo l’esito
non del tutto atteso delle elezioni politiche del 22 gennaio.
Beh, certo, per essere le notizie dal Mondo vengono tutte
dal Medio Oriente o giù di lì. Ma non c’è dubbio che l’attenzione di Kerry
dovrà concentrarsi su quell’area, senza però dimenticare l’Europa e la Russia , l’Asia e la Cina , l’Africa e il ‘cortile
di casa’, l’America latina.
Obama avrà presto modo di testare sul terreno il suo nuovo
‘capo diplomatico’. La cui nomina potrebbe, però, riservare un cruccio al
presidente, perché i democratici rischiano di perdere un seggio al Senato. Il
Massachusetts, lo Stato dei Kennedy, nel New England, è una sorta di feudo
liberal e progressista, che, però, alla morte di Ted Kennedy, era stato
‘violato’ da Scott Brown, repubblicano moderato, poi a sua volta battuto, il 6
novembre, dalla democratica Liz Warren.
Adesso Brown sarebbe pronto a cercare di riprendersi il
posto al Senato, nelle elezioni suppletive che, probabilmente, si faranno a
giugno, mentre le primarie sono già previste il 30 aprile. Contro di lui, per i
democratici, potrebbe esserci Barney Frank, un veterano del Congresso, 73 anni,
apertamente gay, che alle ultime elezioni non s’è ricandidato. Nel luglio del
2012 Frank è stato il primo parlamentare Usa a sposarsi con il partner di una
vita, mentre era ancora in carica.
Di qui a giugno, il posto di senatore del Massachusetts
vacante sarà tenuto da una persona scelta dal governatore dello Stato: si fanno
nomi che sono pezzi di storia dell’America, Ethel, vedova di Ted, una Kennedy,
oppure Michael Dukakis, ex governatore dello Stato, candidato democratico alla
Casa Bianca nel 1988 –a batterlo, fu George Bush padre-.
E Hillary, in tutto questo? Donna, madre, moglie, leader
mondiale, l’ormai ex segretario di Stato non ha ufficialmente rilanciato la corsa
per diventare la prima inquilina della Casa Bianca. "Deciderò a suo tempo ...
per ora devo recuperare 20 anni di sonno perso", spiega sorridente in tv. Insomma,
se ne parla, forse, nel 2014. Tuttavia –nota Marcello Campo, dell’ANSA- “ogni
sua apparizione è sempre più 'presidenziale', a conferma che, se solo volesse, nel
2016 sarebbe lei, l'ex First Lady, la favorita”. Come emerso chiaramente nella
prima intervista tv congiunta con Obama, domenica scorsa, quasi un endorsement.
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