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mercoledì 30 gennaio 2013

Punto: Usa, Kerry al posto di Hillary, non cambia (quasi) nulla

Scritto per l'Indro il 30/01/2013

Gli Stati Uniti hanno un segretario di Stato, cioè un ministro degli esteri, nuovo: il Senato ha infatti ratificato la larga maggioranza la designazione di John Kerry. Il successore di Hillary Clinton s’insedierà ufficialmente a Foggy Bottom venerdì 1.o febbraio, dopo avere rassegnato le dimissioni da senatore del Massachusetts. E lì si aprirà un’altra storia, che fra un po’ vi raccontiamo.

Il presidente Barack Obama ha espresso la sua soddisfazione per il voto del Senato. E, a Kerry, messaggi di congratulazioni, e richieste di appuntamenti, sono giunti da Lady Ashton, ‘ministro degli esteri’ europeo; da Giulio Terzi, ministro degli esteri italiano –Kerry “è un vero amico dell’Italia”-; e da mezzo mondo, anzi decisamente da più di mezzo mondo. A conti fatti, Terzi potrebbe essere fra i primi a rendere visita al collega a Washington, accompagnando negli Stati Uniti il presidente Giorgio Napolitano, invitato da Obama alla Casa Bianca il 15 febbraio per un incontro di commiato.

Nell'esprimere la soddisfazione per il voto del Senato, il presidente Usa scrive: "Dal suo servizio come militare decorato nella guerra del Vietnam, sino ai decenni passati al Senato, la carriera di Kerry è quella di un campione della leadership globale americana. E' assolutamente preparato a guidare la diplomazia americana negli anni a venire. S'é guadagnato il rispetto del mondo e la fiducia di democratici e repubblicani del Senato. Sono fiducioso che farà un lavoro straordinario ... Non vedo l'ora di lavorare con lui negli anni a venire nello sforzo comune di assicurare la leadership americana nel mondo e far avanzare gli interessi e i valori che mantengono forte la nostra nazione".

L’uscita di scena di Hillary e l’arrivo di Kerry non dovrebbe cambiare (quasi) nulla nella politica estera americana. Tocchi di stile a parte: Hillary è più esuberante e, forse, conserva ambizioni di Casa Bianca per Usa 2016; Kerry, 69 anni, è un ‘pesce lesso’, che ha seppellito le ambizioni presidenziali dopo essere stato sconfitto da George W. Bush nelle elezioni 2004. A fine missione, prevedibilmente al termine del secondo mandato del presidente Obama, sarà pronto per la pensione.

Kerry, negli ultimi anni, ha presieduto la commissione Esteri del Senato ed ha sempre avuto interesse per gli affari internazionali –é un americano anomalo, che ha studiato in Svizzera e parla le lingue-: non dovrà faticare troppo per mettersi a pari sui dossier del momento. Un’idea se la sarà già fatta scorrendo, oggi, i titoli delle agenzie di stampa internazionali: la guerra in Mali, che va bene per i francesi e per il contingente africano schierato al loro fianco –dalla notte scorsa, è stato ripreso ai ribelli l’aeroporto di Kidal, nel Nord-est del paese, al confine con l’Algeria-; l’insurrezione in Siria, dove le Nazioni Unite hanno lanciato l’ennesimo probabilmente inutile grido d’allarme; i fermenti di protesta in Egitto, che non hanno oggi indotto al presidente Mohamed Morsi a rinunciare alla visita in Germania, dove la cancelliera Angela Merkel gli ha fatto un predicozzo sul dialogo; e i negoziati per la formazione del governo in Israele, dopo l’esito non del tutto atteso delle elezioni politiche del 22 gennaio.

Beh, certo, per essere le notizie dal Mondo vengono tutte dal Medio Oriente o giù di lì. Ma non c’è dubbio che l’attenzione di Kerry dovrà concentrarsi su quell’area, senza però dimenticare l’Europa e la Russia, l’Asia e la Cina, l’Africa e il ‘cortile di casa’, l’America latina.

Obama avrà presto modo di testare sul terreno il suo nuovo ‘capo diplomatico’. La cui nomina potrebbe, però, riservare un cruccio al presidente, perché i democratici rischiano di perdere un seggio al Senato. Il Massachusetts, lo Stato dei Kennedy, nel New England, è una sorta di feudo liberal e progressista, che, però, alla morte di Ted Kennedy, era stato ‘violato’ da Scott Brown, repubblicano moderato, poi a sua volta battuto, il 6 novembre, dalla democratica Liz Warren.

Adesso Brown sarebbe pronto a cercare di riprendersi il posto al Senato, nelle elezioni suppletive che, probabilmente, si faranno a giugno, mentre le primarie sono già previste il 30 aprile. Contro di lui, per i democratici, potrebbe esserci Barney Frank, un veterano del Congresso, 73 anni, apertamente gay, che alle ultime elezioni non s’è ricandidato. Nel luglio del 2012 Frank è stato il primo parlamentare Usa a sposarsi con il partner di una vita, mentre era ancora in carica.

Di qui a giugno, il posto di senatore del Massachusetts vacante sarà tenuto da una persona scelta dal governatore dello Stato: si fanno nomi che sono pezzi di storia dell’America, Ethel, vedova di Ted, una Kennedy, oppure Michael Dukakis, ex governatore dello Stato, candidato democratico alla Casa Bianca nel 1988 –a batterlo, fu George Bush padre-.

E Hillary, in tutto questo? Donna, madre, moglie, leader mondiale, l’ormai ex segretario di Stato non ha ufficialmente rilanciato la corsa per diventare la prima inquilina della Casa Bianca. "Deciderò a suo tempo ... per ora devo recuperare 20 anni di sonno perso", spiega sorridente in tv. Insomma, se ne parla, forse, nel 2014. Tuttavia –nota Marcello Campo, dell’ANSA- “ogni sua apparizione è sempre più 'presidenziale', a conferma che, se solo volesse, nel 2016 sarebbe lei, l'ex First Lady, la favorita”. Come emerso chiaramente nella prima intervista tv congiunta con Obama, domenica scorsa, quasi un endorsement.

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