Scritto per l'Indro il 25/01/2013
Chiunque vinca il ballottaggio presidenziale, in corso da oggi, la Repubblica Ceca,
domani, sarà un po’ più dentro l’Unione europea. I due candidati rimasti in lizza,
dopo il primo turno l’11 e 12 gennaio, Milos Zeman, un veterano della sinistra, e
Karel Schwarzenberg, un aristocratico conservatore, sono entrambi su posizioni
nettamente più europeiste del presidente uscente Vaclav Klaus, che ha costantemente
tenuto il suo Paese ai margini dell’Ue, fuori – insieme alla Gran Bretagna - dal Patto
di Bilancio. Le presidenziali ceche sono le prime elezioni ‘pesanti’ di questo 2013
europeo: le altre consultazioni che contano sono le politiche italiane, a febbraio, e
tedesche, a settembre.
Mentre a Praga si va alle urne. Al Cairo si protesta in strada: il secondo anniversario
della Primavera egiziana è l’occasione di manifestazioni e di scontri con la polizia
sulla piazza Tahrir, luogo simbolo del riscatto egiziano dal regime di Hosni Mubarak
e della rivoluzione che ha condotto all’elezione di quel presidente ora a sua volta
contestato. Le proteste contro Mohamed Morsi, un esponente dei Fratelli Musulmani,
fanno oltre 100 feriti nella capitale e a Suez. Varie sedi dell’organizzazione islamica
vengono assaltate. C’è nel Paese un clima di tensione e s’insoddisfazione, che trova
in parte alimento anche dal momento d’agitazione e di violenza nell’Africa del Nord
e subsahariana e in tutto il Grande Medio Oriente.
In questo clima, diversi Paesi europei hanno sollecitato i loro cittadini a lasciare
Bengasi, il capoluogo della Cirenaica, culla della sommossa anti-Gheddafi due anni
or sono, citando “imminenti e specifiche” minacce contro gli Occidentali, collegate
alla sanguinosa azione terroristica degli integralisti islamici in località In Amenas,
campo di gas nel Sahara algerino. E proprio il conflitto in Libia fornisce guerriglieri
senza bandiera ed estremisti jihadisti alle fila delle organizzazioni armate che si
richiamano ad al Qaida e si muovono tra il Mali e il deserto (e sono pure sempre più
presenti in Siria).
E, mentre in Egitto la protesta popolare s’indirizza contro i Fratelli musulmani,
proprio i Fratelli Musulmani annunciano in Giordania una nuova ondata d’iniziative e
manifestazioni per sollecitare riforme elettorali, dopo che i candidati pro-governativi
hanno ottenuto una facile vittoria nelle elezioni politiche di questa settimana,
boicottate dagli islamici che non le ritenevano eque.
Dal Medio all’Estremo Oriente, dove un focolaio di tensione perennemente acceso
è quello della penisola coreana. La Corea del Nord minaccia d’attaccare quella del
Sud se Seul dovesse adottare nei suoi confronti una nuova serie di sanzioni dell’Onu
rafforzate. Washington, invece, va oltre le disposizioni delle Nazioni Unite e applica
ulteriori restrizioni economiche a Pyongyang, dopo il test di un missile nordcoreano
il mese scorso.
Negli Stati Uniti, dove il presidente Barack Obama porta avanti un vasto rimpasto
della sua Amministrazione, all’inizio del secondo mandato, il Pentagono autorizza,
per la prima volta, l’impiego delle donne in prima linea: un passo che alcuni
giudicano storico per affermare l’uguaglianza dei generi nelle forze armate degli Usa,
dopo 11 anni di guerre contro il terrorismo, dall’Afghanistan all’Iraq, in cui le donne
sono state sempre più presenti sul campo di battaglia, e vi hanno pure subito perdite,
ma non sono mai state utilizzate in ruoli di combattimento a terra.
La decisione del Pentagono coincide con un’iniziativa dei democratici nel Congresso
di proporre la messa al bando delle armi d’assalto, quelle di derivazione militare,
automatiche, per ridurre il rischio d’altre stragi analoghe a quella del dicembre scorso
in una scuola elementare di Newtown (Connecticut)- Il partito di Obama si rivolge
all’opinione pubblica, perché si mobiliti per battere l’opposizione al provvedimento
della lobby delle armi, trincerata dietro la tutela loro assicurata del II emendamento
della Costituzione statunitense.
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