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venerdì 25 gennaio 2013

Usa: Grand Hotel Casa Bianca, chi va e chi viene con l'Obama 2

Scritto per Il Fatto Quotidiano del 25/01/2013

Grand Hotel Casa Bianca: come nel film di Edmond Goulding con Greta Garbo, “gente che va, gente che viene”. Al cambio di presidente, anzi, tutti vanno e tutti vengono: è lo ‘spoil system’; ci pare lunare, ma funziona. E pure quando il presidente resta lo stesso, il viavai tra un mandato e l’altro è elevato: chi lascia per logoramento; chi parte per siluramento; e chi si posiziona. Potrebbe essere il caso di Hillary Rodham Clinton, la più popolare nei sondaggi attuali per Usa 2016, giusto davanti al vice di Obama Joe Biden: ma siamo a un concorso di bellezza della terza età, c’è tempo per vedere venire avanti candidati meno stagionati.

Verso la fine del suo secondo quadriennio, il presidente dovrà poi fare fronte a un vero e proprio esodo:  molti dei suoi giocheranno d’anticipo e coglieranno le occasioni che avranno, per evitare di ritrovarsi a fine mandato con in mano lo scatolone per svuotare l’ufficio.

Il rimpasto dell’Amministrazione 2013 è profondo, investe tutti e tre i maggiori dicasteri: esteri, difesa ed economia; e anche il posto più delicato per l’organizzazione interna, quello di capo dello staff della Casa Bianca, quello che da noi è il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, ma più alla Gianni Letta che alla Antonio Catricalà.

La Clinton, Leon Panetta e Timothy Geithner  non sono però gli unici partenti. Altri due che se ne vanno, ad esempio, sono Ken Salazar, il ministro dell’Interno, che, negli Usa, non conta, però, come da noi, e Steven Chu (Energia).

Le sostituzioni non sono mai immediate, perché il Senato deve avallare le scelte del presidente. E’ bene avviata la ratifica della nomina di John Kerry a segretario di Stato al posto della Clinton, che ha praticamente concluso la sua missione con una sofferta audizione in Senato sulla strage di Bengasi a settembre.
Hillary lascia un monito sulla minaccia che tuttora incombe sugli occidentali a Bengasi, dove sono attive cellule terroristiche legate ad al Qaida.

Occuparsene, sarà, però, compito del suo successore: Kerry, candidato democratico alla presidenza nel 2008,  ha il ‘test d’ammissione’ facilitato, perché l’esame glielo fa la commissione esteri del Senato che lui ha presieduto negli ultimi quattro anni. Kerry è, però, una seconda scelta: Obama, infatti, puntava su Susan Rice, l’ambasciatrice degli Usa all’Onu, che l’opposizione repubblicana ha costretto alla rinuncia preventiva, contestandole reticenze e falsità proprio in audizioni sulla strage di Bengasi.

Non in discesa la strada di Chuck Hagel, il repubblicano dissidente scelto per guidare il Pentagono al posto di Panetta. Gli tirano addosso i repubblicani, e fin qui ci sta; ma gli giocano pure contro i rallegramenti iraniani alla sua designazione e la fama di ‘anti-israeliano’, oltre che una gaffe anti-gay, di cui si scusò, quando disse che un omosessuale non può fare l’ambasciatore.

Per Jacob Lew, uno di cui Obama si fida -lo aveva capo dello staff e responsabile del bilancio-, l’ok del Senato al posto di Geithner pare acquisito: la sola pecca che la blogosfera gli ha finora trovato è una firma illeggibile. Al suo posto, alla Casa Bianca, andrebbe Denis McDonough, numero due tra i consiglieri per la Sicurezza nazionale.

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