L’Italia è stata un po’ la ‘sorvegliata speciale’
dell’Unione europea, nel 2011, quando era l’anello debole dell’Eurozona, e
“sarebbe strano” se non tornasse ad esserlo nei prossimi mesi, dopo le elezioni
politiche del 24 e 25 febbraio, quando ci sarà da capire gli orientamenti e da
seguire i primi passi del nuovo governo. Se lo aspetta Ferdinando Nelli Feroci,
rappresentante dell’Italia a Bruxelles presso l’Unione europea, una delle voci più ascoltate nel Coreper: parlando
con EurActiv.it, indica i grandi momenti europei 2013 per il nostro Paese; ed
esprime il timore che nella ‘fase bianca’ della politica italiana dopo il voto
“si possa perdere qualche treno”.
In ordine di tempo, il
primo dossier che sarà affrontato è la conclusione del negoziato sul quadro
finanziario a medio termine 2014/2020: c’è stato un
tentativo d’accordo a novembre, non andato a buon fine; e, ora, il Vertice
europeo è stato convocato il 7 e 8 febbraio con la speranza di chiudere. “E’
una decisione necessaria –spiega Nelli Feroci- per definire un quadro di
ordinata programmazione” delle spese comunitarie e ha “un impatto notevole di
politica interna, perché comporta allocazioni di spesa significative in settori
come l’agricoltura e i fondi di coesione, oltre che la definizione di un saldo
netto sostenibile”. Viste le date, l’impegno riguarda, ovviamente, il governo
in carica, che ha i poteri per decidere.
Il presidente del Consiglio europeo Herman Van Rompuy ha
confermato ai 27, nei giorni scorsi, l’intenzione di chiudere ai primi di
febbraio, partendo dalla proposta di compromesso formulata a novembre con –ci
si attende- ulteriori ritocchi al ribasso: “Bisogna vedere quanto e dove”.
Il secondo dossier
verrà in primo piano nella fase di transizione italiana, dopo le elezioni e
quando si starà formando e insediando il nuovo governo: si tratta della
“definizione di tutti gli adempimenti del cosiddetto ‘semestre europeo’ da
parte dell’Italia, del confronto su di essi con la Commissione europea e,
quindi, dell’approvazione delle raccomandazioni specifiche Paese per Paese”. E’
un esercizio tanto più importante quanto più i governi vi prestano attenzione:
“Se è preso sul serio, costituisce un programma di governo vero e proprio”,
perché fissa i grandi assi d’azione per i prossimi anni, sia per il bilancio
che per le riforme e ha un Impatto sulla competitività del sistema Paese. Per
l’Italia, si tratta di individuare “un giusto mix tra politiche di austerità,
controllo della spesa pubblica, consolidamento del bilancio, e politiche che
diano ossigeno all'economia reale”.
Tutto ciò dovrebbe
avvenire in primavera quando l’Italia sarà prevedibilmente in una fase di
passaggio. Ma gli impegni previsti dal ‘semestre
europeo’ che valore hanno?, si possono disattendere? Attualmente, non c’è
nulla di legalmente vincolante: l’Ue può solo esercitare, con i suoi documenti,
una ‘moral suasion’. “Il valore del
‘semestre europeo’ dipende, in larga misura, dalla volontà politica: un
governo può utilizzare le raccomandazioni della Commissione per fare meglio
passare le riforme, oppure può trascurarle”.
Il terzo dossier
è la riforma della governance della zona euro, dove, sulla scorta delle
decisioni del Vertice di dicembre, c’è “un percorso abbastanza definito
sull’Unione bancaria”: “E’ un adempimento importante per l’Europa e un passo
avanti enorme non sufficientemente apprezzato”. “Noi –dice l’ambasciatore-
abbiamo fatto e stiamo facendo il nostro ruolo: non vedo particolari criticità
per l’Italia”.
Unione bancaria a parte, “il resto, invece, è più
controverso”, dai cosiddetti “contractual arrangements”, che dovrebbero in
sostanza rendere vincolanti le indicazioni del ‘semestre europeo’, per finire
all’idea di dotare l’Eurozona di un proprio bilancio. Sui ‘contractual
arrangements’, si lavora per giungere a decisioni non prima di giugno; sul
bilancio dell’eurozona, ci sono resistenze, specie da parte tedesca, e “sarà
difficile fare qualcosa prima delle elezioni in Germania a settembre”.
Infine, c’è da portare avanti l’esercizio ripreso e
rilanciato dal Consiglio europeo sulla politica di sicurezza e di difesa: qui,
decisioni sono previste a dicembre. Si tratta di “riappropriarsi di un dossier
un po’ abbandonato a se stesso”, in tutte le sue componenti, da quella della
sicurezza a quella industriale all'aspetto mercato interno.
Questo quadro e questi tempi – avverte Nelli Feroci- sono
validi “a bocce ferme”, cioè “senza sussulti” di cronaca internazionale e/o di
crisi economico-finanziaria “che inducano a provvedimenti d’emergenza”. Il che
ha lo svantaggio che “i governi non avvertono la pressione che li spinge a
decidere”.
Qual è
l’atteggiamento dell’Unione, della Commissione, dei partner verso l’Italia in
questo momento?
Anche se, dal 20 dicembre, ci sono state alcune settimane di
pausa europea, “registro –dice l’ambasciatore- straordinaria curiosità e
interesse” per quanto sta avvenendo e avverrà in Italia, dopo che, “nel 2011,
eravamo diventati la maggiore fonte di preoccupazione” per i partner europei.
“L’arrivo di Monti –ricorda Nelli Feroci- era stato salutato con favore, perché
c’era il sollievo di vedere finalmente un Paese importante tornare sulla scena
europea e farvi la sua parte su un piede di parità dopo anni di clamorosa e
notata assenza”. Adesso, “tutto quello che farà il nuovo esecutivo sarà seguito
con enorme attenzione”: in Europa, ci si aspetta che l’Italia continui a fare
la sua parte e a restare protagonista, anche se possono magari cambiare le
priorità, e neppure tantissimo. Scontato, come avviene per tutti i Paesi dopo
elezioni politiche, che il voto sia seguito da una fase di relativa debolezza,
che, per l’Italia, potrebbe coincidere con il Vertice europeo del 15 marzo.
E’ ancora vero che
l’Italia soffre di una debolezza delle sue presenze nelle Istituzioni
comunitarie?
“Le presenze di italiani nelle posizioni di vertice non sono
mai state così buone –afferma l’ambasciatore-: abbiamo 6 direttori generali, alcuni
dei quali in posizioni di grossa responsabilità”. Certo, “la performance
europea del sistema Paese è sempre migliorabile e sono consapevole e so che
abbiamo margini”. Molto dipende da come il governo si attrezza per partecipare
da protagonista alla vicenda europea: “Nell’ultimo anno, il miglioramento è
stato spettacolare”. Stare in Europa e starci da protagonisti è una grande
sfida: la Rappresentanza ne è il terminale, ma a Roma si deve pensare e reagire
in termini europei e “moltissimo dipende dal ruolo, dalla personalità, dal
protagonismo del capo del governo”.
E c’è un ricambio di
italiani nelle Istituzioni comunitarie?
“I giovani italiani
arrivano con numeri spettacolari, impressionanti … Negli ultimi concorsi
d’idoneità alle Istituzioni comunitarie, la quota più alta, come partecipanti e
come vincitori, è quella dei giovani italiani, che si dimostrano determinati e
capaci”. Ciò rispecchia, da un lato, l’entusiasmo per lavorare in Europa; e,
dall’altro, il fatto che il mercato del lavoro in Italia lascia a desiderare.
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